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La sinistra in piazza prova la spallata a Prodi

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C'erano i simpatizzanti dei Carc, i comitati di appoggio alla resistenza comunista finiti nel mirino della magistratura per fiancheggiamento delle Brigate Rosse, gli anarchici e perfino gli interisti-leninisti che chiedevano il contratto a tempo indeterminato per Ibrahimovic. Poi c'era il popolo dei «no» al completo: no al Mose, no al carbone, no alla base di Vicenza, no alla Tav. E tra quelle numerosissime di Rifondazione e dei Comunisti italiani, c'erano decine di bandiere della Cgil che non avrebbero dovuto esserci, come quelle della Sinistra democratica di Mussi che ha visto scendere in piazza cinque suoi parlamentari sebbene la Sd non abbia aderito all'iniziativa. Un corteo infinito quello che è sfilato ieri da piazza della Repubblica a piazza San Giovanni. Ufficialmente per spronare Prodi a fare di più e meglio, in realtà percorso da parole d'ordine molto più dure che traducevano il dissenso in chiara sfiducia. Per gli organizzatori (che forse però si sono lasciati trascinare un po' dall'entusiasmo), un milione di persone ha calpestato l'asfalto della capitale per chiedere al governo di cambiare il protocollo sul welfare. Ma non solo. L'atteggiamento critico contro l'esecutivo unionista è stato a tutto tondo. Si andava dagli slogan del sindacato lavoratori in lotta di Napoli che dietro lo striscione «Né Prodi, né Berlusconi, governo operaio» lasciava alzarsi nell'aria fredda vecchie «rime» riadattate per l'occasione, come «Aumenta il pane, aumenta la benzina, governo Prodi, governo di rapina». Per arrivare al «bamboccione disoccupato» che «cerca una ragazza romantica senza troppe pretese», un cartello che un gruppo di ragazzi baresi ha scelto come «ironica risposta alle parole di Padoa Schioppa». Politica e antipolitica. Falci e martello e bandiere rosse ma anche cartelli come quello stretto da Eliana, 38 anni, precaria veneziana, che recitava: «Voglio che torni Berlusconi, così la sinistra tornerà a pensare». Non doveva essere una manifestazione contro il governo, avevano assicurato i leader massimalisti. Ma la schizofrenia politica non ha risparmiato neanche questo corteo e la rabbia non ha risparmiato l'esecutivo di centrosinistra e il sindacato. «La precarietà ti ha preso la mano, il tuo nome è Cesare Damiano», urlavano in molti. «Epifani ti sei scordato della classe operaia», aggiungevano altri. «Requisiti gli alloggi, ora requisiamo il governo», si leggeva da una parte. «Non abbiamo governi amici», c'era scritto sul manifesto attaccato a un pullmino. «Questa è la vera sinistra», ha commentato un signore una volta che il fiume umano ha raggiunto San Giovanni. Qui, ad attendere i manifestanti, c'era anche l'applauditissimo Pietro Ingrao, che li ha salutati a pugno chiuso e ha assicurato: «La lotta continua». Per che cosa non è chiaro. Contro chi, invece, è fin troppo evidente.

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