Prodi contro tutti: "Se si vota perdiamo"
È quest'ultimo, infatti, il tema principale su cui i capi di Stato e di governo dei 27 hanno iniziato a discutere ieri, per dare il via libera, contestualmente, alla bozza della nuova Costituzione continentale. Un impegno forte, che però non riesce a far dimenticar al Professore, le vicende di casa. Vicende che il presidente del Consiglio ha fatto capire di non voler discutere con i giornalisti a Lisbona, almeno ieri. Ma che ha inquadrato con molta precisione in una lunga intervista a L'Espresso chiarendo, prima di tutto, che è interesse del governo, ma anche del neo segretario del Pd Walter Veltroni, lavorare di comune accordo con una prospettiva di legislatura, cioè fino al 2011. Il presidente del Consiglio non nasconde le difficoltà, parla apertamente di una eccessiva «frammentazione» che rende più difficile una «politica lineare e coerente». Resta il fatto che con Veltroni il rapporto è «a prova di bomba»: un rapporto che è nato e si è rafforzato - spiega- a partire dal primo governo dell'Ulivo, nel 1996. Certo, da qui al 2011 il cammino è lungo, ammette Prodi, e ci potrebbero essere anche delle sorprese. Ma non da parte del segretario del Pd. «C'è la consapevolezza in entrambi - dice - che la caduta del governo a breve, con il rischio di elezioni nel 2008, porterebbe il centrosinistra alla sicura sconfitta». Dunque, anche Veltroni, secondo il presidente del Consiglio, non ha altre alternative all'attuale coalizione di governo. Oltretutto, il neo segretario sarà fortemente impegnato nella costruzione, «per intero», del nuovo partito. Ma Dario Franceschini, numero due del neosegretario del Pd, non la pensa ugualmente e spiega che il partito è pronto a «rischiare» presentandosi agli elettori anche da solo, pur di evitare una coalizione confusa come è oggi l'Unione. E anche se questo significa perdere le elezioni del 2008. Meglio, infatti, fare una legislatura all'opposizione lavorando poi a un Pd talmente forte da presentarsi esso stesso come coalizione. Ma l'analisi di Franceschini non concorda con quella di Prodi che, anzi, intende continuare a lavorare «con tenacia» a Palazzo Chigi. Secondo il premier l'unica possibilità che l'Esecutivo ha di essere mandato a casa, è una sua «caduta» in Parlamento, con la palla che passerebbe automaticamente nelle mani del Capo dello Stato. In ogni caso il premier minimizza le divergenze di vedute con alcuni senatori centristi, tra cui Lamberto Dini, e con lo stesso Veltroni: divergenze che stanno mettendo in fibrillazione da giorni l'Unione a Palazzo Madama. «Con Dini e gli altri senatori - afferma - le idee sono coincidenti. E con Veltroni non esiste nessuna diarchia. I ruoli sono diversi, io guido il governo e sono il capo della coalizione, che va oltre il Pd». Prodi conferma anche i paletti, che aveva già piantato, sulla questione dello snellimento della compagine di governo. Nel 2006 «io volevo solo 15 ministri». E, aggiunge, furono Fassino e Rutelli a chiedergli 15 dicasteri solo per la Margherita ed i Ds. Ma ora che l'Esecutivo «funziona», non ha alcuna intenzione di cambiare qualcosa: «Si guarisce con una medicina amara ed una terapia studiata con cura», prosegue, convinto che nel 2011 le elezioni le vincerà il centrosinistra. Prodi guarda con ottimismo anche alle scadenze di brevissimo termine, come la manifestazione di domani sul welfare («non sarà contro il governo»). Quanto a Berlusconi e ai suoi annunci sul passaggio di diversi senatori del centrosinistra alla Cdl: «Dice le stesse cose da sedici mesi...». Ma intanto qualcuno salta davvero dall'altra parte del muro.