In 200 mila per chiedere di cambiare l'accordo
Con rimpianto per il suo ruolo «di lotta», il membro dell'esecutivo rinuncerà a calpestare con i suoi «compagni» l'asfalto che collega piazza della Repubblica a piazza San Giovanni per chiedere la modifica dell'accordo siglato dal suo governo sul welfare. In mattinata, invece, un convegno bipartisan (organizzato da riformisti e Cdl in difesa della legge Biagi) si svolgerà al cinema Capranica. Il corteo partirà verso le 15,30. Sono previste almeno 150-200 mila persone, stima calcolata tenendo conto che dal resto del Paese confluiranno a Roma manifestanti su 11 treni, 608 pullman e un intero traghetto proveniente dalla Sardegna. Dalle 17,30, sul palco saliranno tre dei promotori, precari, «migranti», rom, gay lesbiche e alcuni artisti che presenteranno spettacoli sul tema del precariato. All'iniziativa hanno aderito i segretari di Rifondazione Franco Giordano e del Pdci Oliviero Diliberto, mentre non ci saranno il leader degli Ambientalisti e quello della Sinistra democratica Fabio Mussi. Una situazione paradossale e schizofrenica, a prescindere dalla partecipazione di Paolo Ferrero o di altri ministri, che dura ormai da molti mesi: una parte dell'esecutivo, siano membri del Consiglio dei ministri o meno, che protesta contro se stesso. Hai voglia a ripetere, come fanno alcuni esponenti dell'Unione (dal Verde Pecoraro Scanio alla Comunista Manuela Palermi, passando per l'Arcigay) che la manifestazione non è contro il governo, che la «critica è costruttiva», che l'obiettivo è il rispetto del mastodontico e multi-interpretabile programma unionista («Siamo tutti un programma» è il «titolo» dato alla giornata di protesta). L'unico chiaro è stato il deputato del Prc Francesco Caruso, che sfilerà sotto l'inequivocabile striscione «Contro il governo della precarietà, casa e reddito per tutti». E Prodi? Il premier, da Lisbona, ha fatto sapere di non essere preoccupato. Un atteggiamento da struzzo. Anche se nascondere la testa, di fronte alla perpetua spaccatura della maggioranza su tutto, non serve certo a risolvere il problema.