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Riforme-farsa, il Cav ricompatta la Cdl

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Per il primo via libera al provvedimento, atteso dall'Aula di Montecitorio lunedì 22 ottobre, non mancano i colpi di scena. La decisione del centrodestra di astenersi sul voto in commissione per dare il mandato ai relatori a riferire in Aula viene valutata positivamente da Palazzo Chigi e viene accolta con «soddisfazione dal presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera Luciano Violante perché, spiega, «è la prima volta che una riforma così importante» ottiene un primo via libera «senza neanche un voto contrario». Le tappe, dunque. Era nell'aria già da qualche giorno, ma ieri è diventato ufficiale: Forza Italia, con il capogruppo in commissione Affari Costituzionali Gabriele Boscetto, ha chiesto ieri mattina in apertura di seduta di rinviare il voto per dare il mandato ai relatori a riferire in Aula. L'obiettivo era quello di far votare tutta la Cdl in modo compatto. Ma per convincere tutti ci vuole tempo. La Lega e An infatti vorrebbero votare sì al provvedimento che introduce il Senato federale e che riduce il numero dei parlamentari, mentre FI ha sempre votato contro. Violante accoglie la richiesta, ma il rinvio sarà solo di 5 ore e mezza e non di 24 come chiesto da Boscetto. Alle 15 insomma si è votato. I capigruppo del centrodestra si sono riuniti subito nella sala del governo per vedere di mettere a punto un comunicato unitario che spieghi le ragioni del «ripensamento». Il leader di An Gianfranco Fini, regista dell'intesa, prima della riunione ha avvertito: «Sarebbe grave se la Cdl sul voto di oggi dovesse dividersi». E il suo appello è stato accolto anche perché, come ha ben spiegato Enrico La Loggia (FI), un'intesa di massima nella Cdl «era stata già raggiunta nella notte». E nel comunicato erano spiegate due cose: che tutta la Cdl si astiene non certo per salvare il governo, e che in cambio si chiede che la legge elettorale torni alla Camera. La decisione sull'eventuale trasferimento, ha spiegato subito Violante, spetta ai presidenti delle Camere. Ma Fausto Bertinotti ha precisato: «Prima di discutere sul dove e sul cosa, bisogna discutere sul quando, perché il tempo è una questione dirimente». Mentre la Cdl, all'indomani delle primarie del Pd, è riuscita a dare un'immagine di compattezza, l'Unione ha manifestato dissensi interni. I due deputati del Pdci in commissione, Orazio Licandro ed Elias Vacca, non hanno votato perché sono contro il Senato federale così come è stato concepito. Alla fine il mandato ai relatori Sesa Amici (Ulivo) e Italo Bocchino (An) è stato dato e il prossimo lunedì 22 ottobre comincerà la discussione in Aula. Gli unici a rimarne «offesi» sono stati i senatori, che hanno parlaro di «scippo» della legge elettorale. L'astensione della Cdl per il coordinatore dei Dl Antonello Soro «è una bella notizia per l'Italia». Mentre per Roberto Zaccaria si è trattata di «una buona premessa per fare la legge elettorale». Il capogruppo della Lega alla Camera Roberto Maroni intanto racconta che la situazione si è sbloccata solo grazie ad una serie di telefonate: prima tra Fini e Berlusconi e poi tra Fini e Bossi. E non nasconde che senza intesa sulla legge elettorale il Carroccio avrebbe votato comunque sì. Anche Berlusconi, racconta il presidente dei deputati di FI Elio Vito, è stato soddisfatto per la dimostrazione di compattezza offerta dalla Cdl, nonostante il Cavaliere ha voluto precisare che l'astensione equivale ad un no al dialogo con il centrosinistra.

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