Il dg Beretta alla presentazione del partito. Montezemolo in soccorso

Quelli del tavolo dei volenterosi della scorsa Finanziaria. Tutti politici, dunque. E un solo tecnico, il direttore generale di Confindustria Maurizio Beretta. È forse la prima volta che l'associazione degli industriali partecipa alla presentazione di un partito. E non solo sedendosi in platea. Ma prendendo proprio la parola. Dini si spinge oltre: «Saranno loro a dire se la nuova Finanziaria risponda alle politiche che noi proponiamo». Per ora l'ex premier non si sbottona. Rende pubblico il simbolo della sua neoformazione politica, due grandi lettere argentate (LD) su sfondo blu, e sopra la scritta «Liberal democratici»; sotto un tricolore stilizzato con la scritta «Per il rinnovamento», che richiama il vecchio Rinnovamento Italiano. Dini ci tiene a spiegare che il Manifesto del suo movimento «è incentrato su politiche che noi riteniamo essere necessarie per far superare il declino dell'Italia. Devono essere politiche ordinate e non episodiche: non si può fare un giorno una cosa per la scuola, un altro si dà un colpettino alle imprese e un altro giorno si fa una cosa per i meno abbienti. Insomma, serve una politica coordinata se si vuole arrivare ad una conclusione». E ribadisce che per lui il protocollo del welfare non va toccato di una virgola. Altrimenti lui, e i suoi, non lo voteranno. Luca Cordero di Montezemolo, il presidente di Confindustria (dunque il presidente di Beretta), gli dà man forte: «L'accordo sul welfare non può essere cambiato». Non ci può essere nemmeno un cambiamento? «Nessuno», risponde categoricamente Montezemolo. Per il resto, il leader degli industriali rilancia temi che sono gli stessi di Dini: «Sarebbe utile detassare i salari», afferma. E insiste: «Credo che una forte riflessione sulla detassazione di quello che è lo stipendio in busta paga sia da fare. Credo che si debba cominciare a restituire con meno tasse in busta paga le risorse a chi le tasse le paga regolarmente, come i lavoratori». Secondo il numero uno dell'associazione di viale Astronomia «bisogna porsi dei problemi seri, a cominciare dal fatto che i lavoratori - aggiunge - sono quelli che contribuiscono di più insieme agli imprenditori e al management al successo delle imprese: pagano regolarmente le tasse in busta paga e non le evadono». Insomma, c'è qualcosa in più di una semplice sintonia. Ivano Tanoni, deputati diniano, sottolinea: «Non stiamo facendo la caccia alle firme che ci sostengano. Però è chiaro che siamo molto aperti alle categorie. Sia imprenditoriali che professionali». E le associazioni di categoria cominciano a scommettere. D'altro canto è questo il momnto in cui devono provare a pesare, il momento in cui si discute la Finanziaria. Tanto che anche nell'ala radicale della sinistra c'è chi comincia a sentire puzza di bruciato. Angelo Bonelli, capogruppo dei Verdi alla Camera, crede sia giunto il momento di rimproverare il presidente della Commissione Esteri del Senato: «Vorrei ricordare a Dini che è stato eletto nell'Unione e ha condiviso un programma che forse ha dimenticato». E ancora: rifletta sul fatto di essere stato eletto nell'Unione «anzichè ricattare il governo su posizioni che non appartengono al programma della coalizione». Ma Dini gli risponde per le rime: «Si occupi degli affari suoi e in particolare di smetterla, lui e il suo partito, di bloccare le opere infrastrutturali di cui l'Italia ha estremo bisogno». Poi arriva una decisa puntualizzazione dell'ufficio stampa dell'ex premier: «Il senatore Lamberto Dini ricorda all'onorevole Bonelli che sia lui sia gli altri senatori Dl non sono stati eletti nell'Unione, ma dalle liste della Margherita al Senato. Per il resto invita l'onorevole Bonelli a occuparsi degli affari suoi e in particolare di smetterla, lui e il Suo partito, di bloccare le opere infrastrutturali di cui l'Italia ha estremo bisogno». Si litiga, dunque. Prodi prova a fare da paciere: «Con Dini ci siamo visti tante volte abbiamo discusso a fondo di tante cose, mi ha riaffermato in modo chiaro, deciso che il suo posizionamento nel centrosinistra non è assolutamente in dubbio». f.dellorefice@iltempo.it