Alla Fiat Mirafiori proteste contro i sindacalisti che parlano a favore dell'accordo di luglio
I discorsi dei sindacalisti confederali sono stati interrotti da fischi e mugugni degli operai contrari all'accordo raggiunto lo scorso 23 luglio e che dovrà essere votato tra l'8 e il 10 ottobre. La sinistra radicale, che ha organizzato una manifestazione il 20 ottobre, ha colto l'occasione per ribadire le sue critiche al documento ed è tornata a chiederne la modifica. L'opposizione, invece, ha sottolineato come insoddisfazioni e insofferenze siano collegate a «un modo vecchio di rappresentare i lavoratori secondo i riti di una concertazione burocratica e inefficace» e ha puntato l'indice sulla politica fiscale dell'esecutivo. La contestazione, che certo non ha rafforzato il ruolo della «triplice» nei difficili rapporti fra Palazzo Chigi e la «base» di centrosinistra e non ha salvato nemmeno la Fiom, organizzazione vicina all'ala comunista dell'Unione. Il segretario della Uil Luigi Angeletti, quella nazionale della Cgil Morena Piccinini, la segretaria confederale della Cisl Anna Maria Furlan e il leader della Fiom Gianni Rinaldini. Nel mirino delle «tute blu» chi si è dichiarato favorevole al protocollo, mentre applausi sono andati ai delegati sindacali che manifestavano la loro contrarietà. «Ci sono stati molti interventi, ovviamente c'è una nutrita schiera di promotori per il no - ha minimizzato Angeletti - Quando parlavano quelli del no, quelli del sì mugugnavano e viceversa. Ma questo è fisiologico nelle assemblee di aziende metalmeccaniche». Angeletti, poi, ha ricordato che le argomentazioni contrarie «sono state un po' politiche, del tipo "il governo non ci ascolta molto, anche se dice di essere di sinistra fa cose che non condividiamo e il sindacato è troppo morbido". Il malessere, dunque - ha osservato il segretario della Uil - è che i lavoratori ritengono di essere tra coloro che lavorano di più e guadagnano di meno e pagano troppe tasse sui soldi che guadagnano e quindi chiedono al sindacato di rendere conto di ciò, ma la nostra argomentazione è che non è questo il protocollo con cui risolvere il problema». Angeletti, infine, si è detto fiducioso che se «anche in luoghi così apparentemente difficili molta gente andrà a votare e il sì prevarrà. Se dovesse prevalere il no, lo abbiamo già detto, il protocollo non esiste perchè noi firmiamo solo il consenso maggiore», ha concluso. Morena Piccinini ha puntualizzato che «il referendum non si fa sul governo, lo si fa sul protocollo sindacale e sul merito dei suoi contenuti», replicando a Guglielmo Epifani che in una intervista ha vincolato l'esito della consultazione sul protocollo del welfare alla tenuta dell'esecutivo. «È stata una giornata positiva - ha commentato la Furlan - Abbiano avuto più applausi che contestazioni». La sinistra radicale, come dicevamo, ha colto al balzo la protesta dei «duri» di Mirafiori per rilanciare le critiche all'intesa. «L'assemblea ha messo in evidenza il malessere del mondo del lavoro - ha detto il presidente dei deputati del Pdci Pino Sgobio - L'esigenza di migliorare il protocollo e l'accordo sulle pensioni non può essere archiviata». Gli ha fatto eco il capogruppo al Senato del Prc Giovanni Russo Spena: «Bisogna migliorare l'accordo sul welfare, in particolare rendendo più drastiche le misure volte a contrastare la precarietà». Il centrodestra, da parte sua, ha messo in evidenza la fragilità della maggioranza. Maurizio Sacconi (Fi) ha parlato di disagi causati dal modo burocratico di rappresentare i lavoratori. E il segretario della Dc per le Autonomie Gianfranco Rotondi ha definito la situazione «esplosiva» per il governo «che incassa un'altra sberla». L'indocina è lontana. m.gallo@iltempo.it