Lite nella famiglia democristiana
Anche il segretario della Dc, Giuseppe Pizza, in merito al simbolo con cui si presenteranno alle prossime elezioni i due partiti ha dichiarato: «Lo scudo crociato con la scritta 'Libertas' e la denominazione 'Democrazia Cristiana' sono parte integrante, sostanziale ed esclusiva del patrimonio di quest'ultimo partito; qualsivoglia uso o abuso, dell'uno o dell'altra, in toto o in parte, da soli o in abbinamento ad altro emblema o denominazione, o fosse anche con il suo storico acronimo Dc, è illegittimo; chiunque ne abbia abusato o ne abusasse è stato diffidato e sarà perseguito in tutte le sedi competenti». Secondo Pizza, «l'Udc, a mente dell'originaria appartenenza dei suoi fondatori alla Democrazia Cristiana, tra i quali Casini, facendo affidamento su di una concessione fatta dal Cdu, che però non ne era il proprietario, ha inserito nel suo emblema un richiamo allo scudo crociato; tale circostanza non è stata sino ad ora contrastata dalla Dc in ragione, da un canto, che il tutto formava oggetto di una causa con l'Udc, dall'altro, che il suddetto utilizzo, ancorché errato, veniva effettuato da 'amici', presumibilmente in buona fede. Pizza ricostruisce le ultime tappe della vicenda: «Il Tribunale di Roma alla fine dello scorso anno, ha dato torto al Cdu, riconoscendo che tanto lo scudo crociato quanto la denominazione Democrazia Cristiana fanno parte del patrimonio della Dc di Pizza, e ordinato a chiunque di cessare qualsivoglia molestia o turbativa. La portata di tale sentenza produce inevitabilmente i suoi effetti anche nei confronti dell'Udc che dovrà, quindi, apportare al suo simbolo una modifica che eviti agli elettori di fare confusione tra i due partiti, ed eviti ai loro rappresentanti ulteriori contenziosi, spiacevoli soprattutto perché averrebbero, eventualmente, tra soggetti che, pur tra le tante divergenze, si richiamano a comuni 'affinità elettive', ancorché non 'elettorali'».