di GIANFRANCO FERRONI IL PRESIDENTE della Cei, monsignor Angelo Bagnasco, merita ogni giorno l'attenzione ...

Con un documento, come la nota diffusa ieri dove si sottolinea che la Chiesa «da sempre chiede che il legislatore promuova e difenda», e con la presenza a cerimonie romane: come è accaduto ieri, quando il presidente della Cei si è presentato intorno alle 13 a via Torino, all'inaugurazione del Palazzo della Cooperazione, per salutare il numero uno di Confcooperative Luigi Marino. E nella mattinata la ristrutturazione dell'edificio è stata festeggiata dal vicepremier Francesco Rutelli, dai leader Udc Pier Ferdinando Casini e Lorenzo Cesa, dal viceministro dell'Economia Vincenzo Visco. Un protagonismo, quello di monsignor Bagnasco, che si spiega con l'esigenza di rendere visibile il messaggio della Chiesa: e con la nota pastorale diffusa ieri torna l'attenzione sulla famiglia, e al riguardo i vescovi hanno desiderato rivolgere «una parola impegnativa» specialmente «ai cattolici che operano in ambito politico». A loro, richiamando l'insegnamento del Papa nella «Sacramentum Caritatis», l'episcopato italiano rammenta: «Sarebbe incoerente quel cristiano che sostenesse la legalizzazione delle unioni di fatto». Il testo che ieri è stato diffuso dal Consiglio Pastorale della Cei inizia così: «Non abbiamo interessi politici da affermare; solo sentiamo il dovere di dare il nostro contributo al bene comune, sollecitati oltretutto dalle richieste di tanti cittadini che si rivolgono a noi. Siamo convinti, insieme con moltissimi altri, anche non credenti, del valore rappresentato dalla famiglia per la crescita delle persone e della società intera. Ogni persona, prima di altre esperienze, è figlio, e ogni figlio proviene da una coppia formata da un uomo e una donna. Poter avere la sicurezza dell'affetto dei genitori, essere introdotti da loro nel mondo complesso della società, è un patrimonio incalcolabile di sicurezza e di fiducia nella vita. E questo patrimonio è garantito dalla famiglia fondata sul matrimonio, proprio per l'impegno che essa porta con sé: impegno di fedeltà stabile tra i coniugi e impegno di amore ed educazione dei figli». Si tratta solo dell'incipit: nelle tre cartelle le considerazioni dei vescovi sono dedicate a ogni aspetto della materia - ovvero i Dico - oggetto della disputa politica all'interno della maggioranza e tra le forze dell'opposizione. Il cristiano «è tenuto a formare la propria coscienza confrontandosi seriamente con l'insegnamento del Magistero» precisa la nota. E si ribadisce che «non può appellarsi al principio del pluralismo e dell'autonomia dei laici in politica, favorendo soluzioni che compromettano o che attenuino la salvaguardia delle esigenze etiche fondamentali per il bene comune della società». «Comprendiamo la fatica e le tensioni sperimentate dai cattolici impegnati in politica in un contesto culturale» in cui «la visione autenticamente umana della persona è contestata in modo radicale» osservano i vescovi, «ma è anche per questo che i cristiani sono chiamati a impegnarsi in politica». Di qui l'invito conclusivo «alla coscienza di tutti e in particolare a quanti hanno la responsabilità di fare le leggi, affinché si interroghino sulle scelte coerenti da compiere e sulle conseguenze future delle loro decisioni». Intanto si registra la strategia di dialogo con le gerarchie vaticane attuata dal presidente della Camera dei Deputati Fausto Bertinotti: ieri sera ha incontrato il Segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, e oggi vedrà il Nunzio Apostolico in Italia, monsignor Giuseppe Bertello. Non ha dimenticato, Bertinotti, di far precedere da una dichiarazione laicista l'incontro con Bertone (accompagnato da monsignor Fisichella): «Bisogna avere rispetto per i fenomeni religiosi, in particolare per la presenza significativa della religione cattolica, ma proprio per questo bisogna avere l'ambizione di realizzare ogni giorno la laicità dello Stato» che è un «elemento fondativo delle istituzioni». g.ferroni@iltempo.it