Rutelli e Fioroni litigano sul Family day E gli ex Ppi conquistano i posti dei rutelliani

Uniti. Altro che i diessini, spaccati e divisi fra tre mozioni che stanno dissanguando la Quercia. Invece, nella Margherita, dopo un paio di mesi di tregua passata la bufera delle tessere fasulle è scoppiata una guerra furibonda. Scatenata dalla componente degli ex Popolari, guidata da Franco Marini, decisi a togliere la leadership a Rutelli e a regolare una volta per tutti i conti all'interno del partito. Una guerra che mira, ad esempio, a togliere il tesoriere nazionale Luigi Lusi, senatore rutelliano, per sostituirlo con un ex Ppi. E ancora a rafforzare Antonello Soro dandogli più potere e facendolo diventare il vero coordinatore del partito. Una sfida alla quale i prodiani assistono come spettatori neanche troppo interessati: tanto, spiegano, noi nel Partito Democratico non entreremo sottomessi né dai rutelliani né dagli ex Ppi. Anche se nessuno di loro ha gradito troppo l'attacco fatto proprio da Rutelli ai referendari sulla legge elettorale. L'ultimo scontro tra i due schieramenti è quello tra Francesco Rutelli e il responsabile dell'Istruzione Giuseppe Fioroni. Il vicepremier lunedì aveva chiesto ai ministri di non partecipare al Family Day del 12 maggio. Ieri Fioroni gli ha risposto spiegandogli cordialmente che del suo divieto non sa che farsene: «Io al Family day ci vado. Rutelli farà come gli pare. Del resto, io non ho bisogno di compagnia...». E ancora: «Rispetto alla famiglia il problema non è la partecipazione o meno al Family day. Quel ridicolo dubbio amletico, esserci o non esserci, ossessiona in molti ma certamente non me. Il problema vero è impegnarsi in modo forte e determinato per quelle politiche a sostegno della famiglia. E in ogni caso io sono per il rispetto delle regole, purché siano condivise e valide per tutti. E allora, se si stabilisce la regola che prevede quando e dove i ministri possono andare a una manifestazione, allora a quella regola mi atterrò. Ma ripeto: la priorità oggi è il sostegno alla famiglia, cominciando a trovare le risorse necessarie a realizzare le proposte del ministro Bindi e dei capigruppo della maggioranza». Ma l'ultimo scontro è solo la punta dell'iceberg. Sotto c'è il vero affondo che gli ex Popolari stanno portando a Rutelli. E cioè «sfilargli» le poltrone dei coordinatori regionali proprio laddove l'ex sindaco di Roma si sentiva più forte. Il leader della Margherita pensava di «tenere» almeno in cinque regioni, invece gli ex Popolari gliele stanno soffiando sotto il naso una dopo l'altra. Cominciando dal Lazio, dove Mario Di Carlo, dato per favorito fino a poche settimane fa ora deve rincorrere l'avversario, Francesco Scalia. Stessa situazione potrebbe ripetersi in Veneto e in Calabria, regione dove gli uomini di Castagnetti sono fortissimi. Così, per il momento al vicepremier è rimasto solo il Piemonte. Ma c'è un altro ostacolo gettato tra i piedi di Rutelli: un ordine del giorno presentato nelal riunione della Margherita in Lombardia che chiede che l'assemblea federale del partito sia convocata in maniera permanente fino alla costituzione del Partito Democratico. Un modo, anche questo, per togliere potere a Rutelli il quale, sulla nuova formazione politica, sta trattando quasi da solo direttamente con Piero Fassino. p.zappitelli@iltempo.it