L'Udc fa la riserva prodiana
ma ora «chiama» il Quirinale
Un fatto che però mi amareggia perchè non sono contento di questa situazione» E l'Udc deciderà stamattina, in una riunione dell'ufficio politico, se chiedere un inconto al capo dello Stato per sollecitare le dimissioni del governo Prodi, dopo il voto del Senato sull'Afghanistan. Lo ha spiegato, ospite della trasmissione di RaiTre «Ballarò«. «Un'autosufficienza parlamentare - ha detto Casini al suo interlocutore televisivo Francesco Rutelli, nello studio «dominato» da Giovanni Floris- non è un'autosufficienza politica». «Se vi cullate ancora nella sindrome dell'autosufficienza, non andrete lontano», ha detto al leader della Margherita che, numeri alla mano, mostrava sicurezza sulla tenuta del governo anche al Senato. «Io oggi sull'Afghanistan - ha fatto osservare nel corso della trasmissione Ballarò - ho difeso l'Italia e gli italiani, ma resto convinto che il governo Prodi prima se ne va e meglio è». Casini ha poi criticato «questo bipolarismo, che produce questi bei risultati» aggiungendo di non credere che ci sia più «qualche telepredicatore in grado di difenderlo» in quanto «fa acqua da tutte le parti». In più, «in gioco non c'era il governo Prodi ma la missione dei soldati italiani in Afghanistan», ha affermato il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, nel corso di «Ballarò». L'ex presidente della Camera ha quindi bollato come una «sciocchezza, una leggenda metropolitana» la tesi secondo cui era possibile finanziare le missioni in tempo, anche bocciando il decreto. «I numeri che hanno determinato la bocciatura dell'OdG presentato da Forza Italia e votato dall'Udc, indicano con chiarezza che non c'è nessuna stampella». È il commento del vicepresidente del Senato, Mario Baccini, che continua dicendo: «Il teatrino della politica? Sostenere che l'Udc aiuti il Governo col suo voto favorevole alle missioni di pace. I numeri, che sono fatti, hanno dimostrato il contrario. Ora ci attendiamo le scuse». L'Udc è decisa a non addossarsi la responsabilità politica di aver salvato il governo, per prima con il capogruppo Lorenzo Cesa che ha insistito nel dire - fin dalla mattinata di ieri - che, se Prodi non avesse avuto i «suoi» 158 voti, i capigruppo dell'opposizione sarebbero saliti al Quirinale per chiederne le dimissioni. Per il presidente dell'Udc Rocco Buttiglione «la spallata ha ricompattato la maggioranza. La linea dell'Udc era ed è quella giusta: approfondire le contraddizioni dell maggioranza. Se tutta l'opposizione avesse seguito questa linea, oggi saremmo in una posizione migliore e, comunque, il primo presupposto per dare la spallata era venire in aula a votare. Noi dell'Udc siamo stati tutti presenti». E nella serata il senatore Udc Calogero Mannino aveva spiegato nell'aula di palazzo Madama il voto favorevole del suo partito: «Sulla politica estera -preci è bene preservare l'unità e la convergenza di fondo fra tutte le forze politiche». E «deve essere 'bipartisan': questo per l'Udc è un valore, soprattutto nel momento in cui l'Italia è impegnata in più missioni, non solo in Afghanistan. Anche noi vogliamo presto una crisi di governo. Ma - ha aggiunto - non possiamo mettere oggi in difficoltà le nostre missioni all'estero. Siamo vincolati alla difesa del governo Karzai, di cui i talebani sono nemici; senza questa difesa, viene meno la missione di pace del nostro Paese in Afghanistan». Inevitabile la battuta del senatore Francesco Storace: «Ora all'Udc daremo il sindaco di Kabul... mandiamo loro a trattare con i Talebani».