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Con Prodi in Brasile il vicepremier apre all'opposizione e spinge la sinistra radicale nell'angolo

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Lo avevano additato come il responsabile unico della crisi di governo. Lui con il suo egocentrismo, con la sua testardaggine, con la sua mania di esasperare sempre il confronto con la sinistra radicale. Aveva ragione. Massimo D'Alema lo ha dimostrato nel giorno più difficile, nel giorno in cui tutti aspettavano l'ennesima caduta del governo sulla politica estera. Con Prodi in Brasile, il «lìder maximo» ha avuto campo libero e si è preso la scena tutta per sè. In un colpo solo il ministro degli Esteri ha aperto una falla nell'opposizione (dialogando con la Lega e incassando i voti dell'Udc), ha costretto la sinistra radicale in un angolo e ha dato le necessarie rassicurazioni agli alleati internazionali. Insomma, un successo. Che sarebbe stata la sua giornata lo si è capito subito, appena D'Alema ha preso la parola nell'Aula di Palazzo Madama per esporre la posizione del governo sugli ordini del giorno presentati. «Innanzitutto - ha esordito - il governo è sensibile all'esigenza sollevata, in alcuni ordini del giorno, di fornire i nostri militari di mezzi adeguati per la protezione del personale militare e civile in relazione a un'aumentata pericolosità delle condizioni in cui opera il nostro contingente». Poi l'annuncio che non ti aspetti. «I ministri della Difesa e degli Esteri - ha spiegato - hanno incontrato, giovedì scorso, lo Stato Maggiore delle Forze armate italiane cui abbiamo chiesto di compiere un esame attento della situazione per far pervenire al più presto al Governo una relazione che indichi anche le condizioni che le Forze armate ritengono indispensabili alla protezione del personale italiano». «Qualora queste necessità operative comportassero nuove misure di finanziamento - ha aggiunto -, il Governo vi provvederà ad hoc». Quanto poi alle regole di ingaggio, D'Alema chiarisce che «sono decise da chi ha la responsabilità della missione militare (Nato e Nazioni Unite)». A questo punto D'Alema ribadisce quanto già emerso dalla riunione dei capigruppo dell'Unione: il governo è pronto ad esprimere parere favorevole sull'ordine del giorno presentato dal leghista Calderoli (che chiede di garantire la sicurezza del personale militare e civile presente in Afghanistan ndr) previa riformulazione. La Cdl accusa il colpo. Si lavora ad una sospensione che, alla fine, viene concessa. D'Alema si trattiene in Aula e dialoga con Matteoli, Pisanu e Storace. Alla buvette Clemente Mastella, il primo all'interno dell'Unione a chiedere più armi per i militari italiani, è pienamente soddisfatto dall'apertura del vicepremier. Si profila la possibilità che anche Lega, Fi e An votino a favore del decreto. Riprendono i lavori, Calderoli rifiuta di riformulare l'ordine del giorno, ma il risultato non cambia. A favore votano 311 senatori, solo 3 i no. Così, alla fine, per disciplina, la sinistra radicale è costretta a cedere: il governo farà tutto il necessario per garantire la sicurezza dei nostri militari, anche inviare più armi. Un «boccone amaro» che probabilmente avrà ripercussioni sul futuro dell'esecutivo. Così come avrà ripercussioni, probabilmente, un certo malumore dell'ala parisiana della Margherita. D'Alema, infatti, non solo ha vestito i panni del premier ma ha anche rubato la scena al ministro della Difesa Arturo Parisi. «Quando un argomento viene trattato da due ministri - commenta un deputato Dl - è naturale che uno dei due scompaia». Ma chi lo conosce assicura che Parisi sia piuttosto adirato. Poco male. D'Alema si gode il trionfo. Sarà un caso, ma con Prodi lontano dall'Italia, il «lìder maximo» è riuscito a realizzare in politica estera quel dialogo tanto auspicato dal Capo dello Stato superando con successo anche le difficoltà numeriche dell'Unione al Senato. Il Professore è avvisato. [email protected]

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