Berlusconi in stretto contatto con Washington e Bruxelles. Gli alleati «comprendono» l'astensione
Smentendo così una voce che era girata in Parlamento su una possibile irritazione internazionale per la decisione di non votare a favore del decreto sulle missioni. Eppure le pressioni c'erano state. Per esempio da parte dell'Unione europea che era sembrata preoccupata dalla posizione assunta da parte dall'opposizione. Era soprattutto Franco Frattini, vicepresidente della commissione ed ex ministro proprio di Forza Italia, che aveva fatto pervenire a Berlusconi dei timori di sede europea. Non solo, ma stando all'ex titolare della Farnesina pareva che le preoccupazioni arrivassero soprattutto da parte da Angela Merkel che oltre ad essere la cancelliera tedesca è anche la presidente di turno della Ue fino a fine giugno. Lo stesso Berlusconi ha chiesto al suo capogruppo al Parlamento Europeo, Antonio Tajani, di verificare il rapporto con i partners europei. Il viaggio a Berlino di sabato, in questo senso, ha fugato i dubbi e soprattutto ha dato la possibilità al Cavaliere di chiarire la sua posizione e rasserenare il clima. L'altro fronte è stato quello d'Oltreoceano. L'ex presidente del Consiglio ha avuto un contatto telefonico con l'ambasciatore americano Ronald Spogli. Berlusconi ha chiarito quello che gli americani volevano sentirsi dire: la posizione della Cdl non avrebbe pregiudicato l'approvazione del decreto sulle missioni. Insomma, l'astensione del centrodestra non avrebbe rischiato di far cadere il provvedimento. Gli americani, si sa, guardano al concreto, al risultato finale e a loro importava che il decreto venisse approvato: delle questioni di politica interna italiana si appassionano poco. Assodato che la missione non era in pericolo, Spogli ha potuto tirare un sospiro di sollievo. E a pochi minuti dal voto del senato ha detto: «Ci auguriamo che ci sia un buon esito». «Ovviamente - ha aggiunto - gli Stati Uniti vorrebbero che questo decreto passasse, perché riteniamo che la presenza militare nell'Afghanistan sia estremamente importante». «L'Italia è un nostro grande alleato - ha proseguito l'ambasciatore Usa - non solo in Afghanistan, ma ovviamente apprezziamo molto quello che sta facendo in Libano, nei Balcani e in altri luoghi dove ci sono delle sfide veramente importanti». Poi ha ricordato che il Dipartimento di stato americano ha chiesto a tutti gli alleati in Afghanistan di aumentare la presenza militare in Afghanistan e anche di «limitare o eliminare» i caveat esistenti. «Personalmente non ho chiesto nessun cambiamento», ha premesso l'ambasciatore rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se avesse chiesto al Governo italiano una modifica dei caveat. «Ovviamente i nostri del Dipartimento di stato hanno chiesto a tutti gli alleati in Afghanistan di aumentare la presenza militare e anche di fare quanto possibile per aumentare per limitare, se non eliminare, i caveat esistenti. «Nella Nato - ha detto ancora Spogli - siamo tutti uguali e abbiamo un impegno comune. Quindi è importante essere sullo stesso livello a compiere il lavoro molto rilevante che deve essere svolto in Afghanistan».