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Afghanistan, Casini aiuta Prodi anche se non serve

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La maggioranza richiesta era di 158 voti. Una vittoria più ampia del previsto per Palazzo Chigi, che deve ringraziare la relativa compattezza della maggioranza ma soprattutto il partito di Pier Ferdinando Casini. Si sono astenuti (quindi è come se avessero dato voto contrario), Forza Italia, An e Lega Nord. Unica eccezione nelle fila dell'opposizione è stato il senatore «forzista» Lino Iannuzzi, che aveva già palesato i suoi dubbi e ieri alla fine ha concesso il suo «sì» al decreto. A pronunciare il loro deciso «no», per motivi diversi, sono stati il senatore ex Prc Franco Turigliatto e il segretario della Dc per le Autonomie Gianfranco Rotondi. Il primo ha ribadito di non voler fornire un sostegno a «una politica di guerra e distruzione». Il secondo ha chiesto invano di cambiare le regole d'ingaggio. In Aula sono rimasti solo quattro senatori a vita: Emilio Colombo, Rita Levi Montalcini, Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi. Dei sette senatori a vita non hanno votato Francesco Cossiga, Giulio Andreotti e Sergio Pininfarina. L'unico presente dei tre era Andreotti, che però un minuto prima dell'inizio delle votazioni ha abbandonato l'aula. Tra gli assenti, poi, Sergio De Gregorio, presidente della commissione Difesa e ex Idv, il Verde Mauro Bulgarelli che si è autoinviato «in congedo» a Vicenza e, quindi, non era presente al Senato, e infine l'ex Pdci Fernando Rossi. Soddisfatti, ovviamente, i leader dell'Unione, a cominciare dal premier. «Questo voto è una svolta politica», ha commentato Romano Prodi dal Brasile. E ha aggiunto: «La maggioranza è compatta, l'opposizione è spaccata. Non capisco come dopo il voto favorevole alla Camera di 15 giorni fa, si sia tenuta una posizione contraria al Senato. L'astensione è un voto contro, è inutile nasconderlo. E questo non lo capisce il popolo italiano e nemmeno gli alleati, che non comprendono come si sia arrivati a un voto che avrebbe obbligato al ritiro delle truppe di tutte le nostre missioni all'estero. La maggioranza si rafforza sempre di più - ha concluso Prodi - Non posso nascondere la mia soddisfazione per un voto di approvazione della nostra politica estera che dà continuità a tutte le nostre missioni». Rispetto al tema dell'autosufficienza politica, Prodi ha osservato: «Sono un costituzionalista convinto, il voto dei senatori a vita è identico agli altri voti. Non uso termini di distinzione tra senatori a vita e altri senatori». Da parte sua, il ministro degli Esteri ha sottolineato «il carattere del tutto strumentale della posizione di Forza Italia e Alleanza nazionale, anche di fronte al fatto che il governo si era fatto carico prima di questo dibattito della sicurezza dei nostri militari». E per Massimo D'Alema «questa operazione, che già in sé non era particolarmente commendevole, si è risolta in una duplice sconfitta: di fronte all'opinione pubblica che non può capire questo balletto, questo cambio di voti in pochi giorni», e poi «perchè si è diviso il centrodestra, con un parte che con maggiore coerenza ha mantenuto il voto di qualche giorno fa. Mi sembra che per l'onorevole Berlusconi, che è stato il promotore di questa iniziativa, l'esito sia piuttosto infausto», ha concluso, caustico, il vicepremier. Gli ha fatto eco il «collega» responsabile della Difesa: «Mi ero illuso, speravo in un ripensamento. Contro ogni ragione una parte della Cdl si è sottratta all'impegno comune di sostenere assieme i nostri militari», ha affermato Arturo Parisi. E sulle polemiche sulla non autosufficienza della maggioranza, si è espresso anche il ministro dei Beni Culturali e vicepremier: «È un discorso strampalato. In nessun Parlamento si fanno ragionamenti di questo tipo. I senatori a vita fanno parte del quorum, sia che un provvedimento passi, sia che non passi. Non è che se votano contro un d

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