Mastella e Fassino pronti a cambiare le regole d'ingaggio
A dare ai nostri soldati non solo più mezzi in grado di fronteggiare l'offensiva talebana di primavera ma anche a cambiare le regole «di comportamento» dei militari italiani in Afghanistan. A passare, insomma, dal pacifismo puro all'assetto da battaglia. Due importanti leader del centrosinistra ieri hanno lasciato chiaramente intendere di essere disponibili in questo senso. E l'ipotesi, tanto per cambiare, ha spaccato per l'ennesima volta l'Unione con una furente levata di scudi dell'ala radicale. Una divisione da non sottovalutare, considerando che mancano due giorni al voto di Palazzo Madama sul rifinanziamento della missione tricolore e che anche l'opposizione minaccia di votare «no» insieme ai ribelli del centrosinistra. Il cedimento del «fronte pacifista» è cominciato con l'annuncio del responsabile della Farnesina all'indomani delle polemiche Italia—Usa sulla liberazione di Mastrogiacomo. Massimo D'Alema, infatti, ha contemplato la possibilità di fornire alle nostre truppe mezzi pesanti e attrezzature più adeguate ai pericoli della situazione. Giovedì il ministro Di Pietro ha ribadito a «Il Tempo» che «bisogna dare ai nostri soldati tutti gli strumenti per combattere i talebani». E venerdì il sottesegretario dalemiano alla Difesa Giovanni Forcieri ha annunciato che ad aprile atrriveranno ad Herat due Predator, gli aerei senza pilota, e forse altri elicotteri. Ieri, il primo ad «aprire» in questa direzione è stato il leader del Campanile e ministro della Giustizia Clemente Mastella, che ha spiegato di non essere contrario a nuove modalità e regole di ingaggio per i nostri militari in una situazione che sul terreno è cambiata: «Debbono avere la possibilità di difendersi», ha detto. Alla sua si è aggiunta la voce, altrettanto «autorevole», del segretario della Quercia: «Siamo in Afghanistan per impedire ai taleban di riprendere il controllo del paese. Nessuno di noi ha timore di discutere» sulla sicurezza dei soldati italiani e perciò anche di una eventuale modifica delle regole di ingaggio», ha sottolineato Piero Fassino. Quindi ha ricordato che quando si decide di inviare soldati «in missioni di pace in teatri difficili come i Balcani, il Libano o l'Afghanistan, abbiamo noi per primi l'interesse che i nostri militari siano messi in condizioni di massima sicurezza e massima operatività. Tutto ciò che va in questa direzione non potrà che trovare d'accordo governo e maggioranza», ha concluso. Dura la reazione della cosiddetta sinistra radicale, che però se la prende solo con il ministro della Giustizia. «È grave che il ministro Mastella, a poche ore da un voto difficile come quello di martedì al Senato sull'Afghanistan, avanzi delle proposte in pieno contrasto con quanto concordato dall'Unione - fa notare Claudio Grassi, senatore di Rifondazione comunista - L'intesa raggiunta è quella di non aumentare i militari, di non modificare le regole d'ingaggio, non accettare la richiesta degli Stati Uniti di spostare i nostri militari al Sud del paese. Inoltre c'è un'intesa affinchè l'Italia si faccia promotrice di una conferenza internazionale di pace, con tutte le parti in causa, poichè si ritiene fallita la soluzione militare. Mastella sa che l'equilibrio raggiunto nell'Unione è molto delicato e che molti di noi lo accettano solo per impedire il ritorno delle destre alla guida del paese. Ma se si viola questo accordo il voto martedì rischia di essere senza rete. Se ciò avvenisse si determinerebbe il fatto che per l'ennesima volta è la componente più moderata dell'Unione a mettere in crisi il governo Prodi». Gli fa eco il Pdci: «Se Mastella ha il progetto di affossare la politica estera di Prodi per cambiare la maggioranza allargando all'Udc lo si dica chiaramente e non lo faccia sulla pelle dei nostri soldati - sottolinea Iacopo Venier, responsabile degli Esteri dei Comunisti italiani - Modificare le regole di ingaggio e le aree di utilizzo dei nostri soldati significa buttare a mare la tela tessuta att