Berlusconi ribadisce: «Sul rifinanziamento della missione stiamo riflettendo, nulla è scontato»
Silvio Berlusconi lascia l'Aula di Palazzo Madama al termine delle celebrazioni per il cinquantesimo anniversario dei trattati di Roma, ma non scioglie quello che è ormai diventato il vero nodo in vista del voto sul rifinanziamento della missione militare italiana in Afghanistan: la posizione di FI e, in generale, della Cdl. Già perché stavolta, a fare notizia, non sono più i «dissidenti» dell'Unione che pure continuano a minacciare il governo, ma la scelta dell'opposizione che potrebbe decidere, in extremis, di non votare il decreto. Berlusconi descrive lo scenario: «La situazione è profondamente mutata rispetto a qualche tempo fa. Avevamo dato la garanzia per il nostro voto, ma oggi stiamo riflettendo sul fatto che c'è una politica estera che ci pare in assoluta discontinuità rispetto al passato». Insomma, a tre giorni dal voto definitivo del Senato, il dibattito nel centrodestra è quanto mai aperto. Berlusconi sta cercando in tutti i modi di evitare spaccature. Fini resta in silenzio (ma lunedì dovrebbe fare il punto con il Cavaliere). La Lega sembra orientata verso l'astensione e l'Udc di Casini continua a ribadire la propria intenzione di votare «sì» al decreto. Anche se il leader centrista ribadisce che «se il decreto dovesse passare ma la maggioranza non si dovesse mostrare autosufficiente, il governo sarebbe tenuto moralmente e politicamente a dimettersi». Dichiarazioni, quelle di Casini, che destano un moderato ottimismo dentro Forza Italia. Gli azzurri stanno infatti pensando ad una soluzione che permetta, da un lato di non pregiudicare l'approvazione del decreto, e dall'altro di mettere in evidenza la non autosufficienza del governo. Così la Cdl sta lavorando ad un ordine del giorno comune che ribadisca le ragioni della missione a Kabul e rafforzi regole d'ingaggio e dotazioni dei nostri militari. Un odg che potrebbe raccogliere anche i voti dell'Udeur e dei filo-americani della Margherita. Se venisse respinto, però, i senatori dell'opposizione potrebbero decidere, pur garantendo il numero legale, di rimanere in Aula ma di non partecipare al voto. In questo modo il decreto verrebbe sicuramente approvato (il quorum si abbasserebbe del 50%) ma l'Unione dovrebbe dimostrare di raggiungere la soglia di autosufficienza dei 158 senatori eletti. Senza quei voti la Cdl potrebbe tornare a chiedere, con forza, le dimissioni del governo. Fantapolitica? Forse. Anche se il presidente dei senatori centristi Francesco D'Onofrio non chiude la porta. «L'Udc - spiega - vuole mantenere il varo del decreto e, contemporaneamente, vuole esprimere una forte critica all'operato del governo. Per questo ho avuto mandato per lavorare ad un ordine del giorno che impegni il governo a dotare i nostri militari di tutti gli equipaggiamenti necessari per garantire la loro sicurezza. Nella Cdl non ci sono divisioni strutturali. Dobbiamo trovare il modo migliore per tenere conto e della volontà di quella parte dell'opinione pubblica che vuole veder cadere il governo, e delle aspettative degli organismi internazionali che chiedono all'Italia di rispettare gli impegni». n.imberti@iltempo.it