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Di Pietro: «A Kabul l'Italia ha perso due volte»

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Per il ministro delle Infrastrutture dopo aver ceduto al ricatto, rischiamo di incrinare i rapporti con gli Usa

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La liberazione di Daniele Mastrogiacomo è stata una vittoria dei talebani, una vittoria dei terroristi». Il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro è diviso. Ma, come al solito, non ha peli sulla lingua e non teme di assumersi responsabilità a nome dell'istituzione che rappresenta. Che pensa della gestione delle trattative, ministro? «Al primo posto ci deve essere sempre la vita dell'ostaggio. E io sono orgoglioso che il mio governo si sia assunta la responsabilità di liberare Mastrogiacomo. Ma la gioia sul piano personale è accompagnata dall'umiliazione come membro dell'esecutivo. Il problema, comunque, è a monte». E qual è? «Non si deve mettere un governo in condizione di essere ricattato». Ma Mastrogiacomo era lì per lavoro... «Certo. Ma una cosa è lavorare in sicurezza, altro è andare a cercare il nemico da intervistare in una raltà in cui si svolge una guerra non tradizionale e c'è il rischio concreto di diventare uno strumento di ricatto nei confronti delle istituzioni». Che fare, allora? «Questa vicenda ci deve servire da lezione. È necessario darci regole chiare e rispettarle». Per esempio? «I nostri soldati sono lì per combattere i terroristi. Non si possono autorizzare italiani che vanno in quelle zone in "libera uscita". Non si può andare in Afghanistan, rischiare la propria vita e quella di altre persone e poi chiedere aiuto. Ci deve essere un limite. È stata una scelta sbagliata del giornalista e anche del direttore di Repubblica». Molti, anche il suo «collega» Parisi, hanno criticato il ruolo di Gino Strada. Lei che ne pensa? «La liberazione di Mastrogiacomo era un fatto dovuto. E io ne sono stato felice. Tutto va bene per salvare una vita umana e le polemiche mi sembrano inutili. L'intervento di Strada era necessario e, nello stesso tempo, non sufficiente. È più apprezzabile il lavoro oscuro svolto dai nostri servizi. Riguardo a Parisi, credo che viva lo stesso senso di umiliazione che ho vissuto io per aver dovuto cedere». Non è stata una vittoria del governo... «La liberazione è stata una sconfitta per noi. Chi ha vinto sono i talebani». Ora D'Alema dice che il nostro governo non ha avuto un ruolo nella liberazione dei talebani. Ed Emergency replica sottolineando che ha agito su richiesta di Palazzo Chigi. Qual è la sua opinione? «Io sono abituato a prendermi le mie responsabilità e questo "balletto" non mi piace. Credo che la decisione sia stata concordata fra il presidente Karzai e il governo italiano». Berlusconi sostiene che l'Italia ha perso la sua credibilità internazionale... «La perdita di una vita umana è un danno irrimediabile. Sulla questione dell'immagine c'è tempo per discutere...». Condivide la proposta, caldeggiata da Fassino, sulla partecipazione dei talebani alla conferenza di pace? «Dipende di quali talebani parliamo. Se sono legittimi rappresentanti del popolo afghano hanno il diritto di partecipare. Se sono terroristi, con loro si può discutere solo in galera». D'Alema promette più mezzi ai nostri soldati. È d'accordo? «I nostri soldati devono essere armati di tutto punto per affrontare adeguatamente il nemico. Altrimenti è meglio che stiano a casa». Alla luce di quello che è successo e delle polemiche che stanno esplodendo, crede che ci saranno problemi il 27 al Senato sul voto per rifinanziare la missione in Afghanistan? «L'Italia Dei Valori voterà rispettando l'impegno preso con il governo. Posso assicurarlo. Mi auguro che uguale senso di responsabilità venga dimostrato da tutti quelli che hanno dato la fiducia a Prodi».

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