Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Il mediatore che fece liberare le due Simone «La sinistra ha dato carta bianca a Strada»

default_image

  • a
  • a
  • a

Poi, puntuali, esplodono le polemiche. E la sinistra italiana usa due pesi e due misure. Gino Strada si è comportato come me. E anch'io avrei fatto esattamente quello che ha fatto lui. Ma oggi i terroristi sono stati rilasciati per tornare a sparare. All'epoca io fui politicamente massacrato solo perché feci curare quattro persone che non potevano rivolgersi all'ospedale. Erano considerati criminali? E allora? Era mio dovere farlo. È come se la polizia si rifiutasse di soccorrere un rapinatore ferito...». L'avvocato Maurizio Scelli, commissario straordinario della Croce Rossa Italiana dall'aprile 2003 al dicembre 2005, non ci sta. Lui trattò la liberazione di Agliana, Cupertino, Stefio e delle due Simone e fu accusato di essere il «braccio del governo Berlusconi», di cercare la notorietà mediatica, di speculare insomma sul suo ruolo di «salvatore». Qual era il vostro metodo nella trattativa? «Il governo Berlusconi investì 30 milioni di euro per l'attività della Cri e noi provvedemmo alle cure di 240 mila iracheni, tra i quali centomila bambini. Spesso si trattava di parenti di leader sciiti e sunniti, che poi ci aiutavano a intavolare le trattative con i sequestratori. Per questo mi arrabbiai quando Strada disse che era stato pagato un riscatto di nove milioni di dollari, mettendo in pericolo la vita mia e dei miei ragazzi». Non fu mai pagata una lira per i «contractor» italiani e per Simona Torretta e Simona Pari? «Assolutamente. Nessun riscatto». E, secondo lei, questa volta è avvenuto? «Non credo che ci sia stato movimento di denaro. L'oggetto della trattativa è stato politico. All'epoca anche a noi chiesero lo scambio di prigionieri, ma gli Usa erano contrari al cento per cento e lo stesso valeva per il governo iracheno». Strada dice di aver fatto tutto da solo. Le pare possibile? «Nei suoi panni direi anch'io così. Se lì pensano che Emergency è stato uno strumento del governo italiano, lui e i suoi rischiano la vita. Emergency non può perdere la sua immagine di autonomia e indipendenza. Io penso che Strada sia arrivato ai rapitori, abbia raccolto le loro condizioni, le abbia anche "alleggerite", perché all'inizio si parlava del ritiro delle nostre truppe. E, a quel punto, la questione è diventata politica». E a quel punto è entrato in gioco il nostro governo. Ma sullo scambio, oltre ovviamente Karzai, pensa che siano stati sentiti anche gli Stati Uniti? «Non può essere stata presa una decisione del genere senza aver prima consultato gli Usa. Che in Iraq non avrebbero mai acconsentito. Invece in Afghanistan, forse anche per la necessità di serrare le fila degli alleati, come ha osservato l'ex ministro Scajola, lo hanno fatto». Oggi, però, si dicono «sorpresi» dello scambio. Come lo spiega? «È una linea ufficiale. Ed è comprensibile. Non possono dichiarare apertamente di essere stati favorevoli alla liberazione di cinque terroristi». Qual è stata la differenza nel comportamento del mondo politico fra i sequestri che ha «gestito» lei e quello di Mastrogiacomo? «Io fu attaccato duramente dalla sinistra. Mi accusarono di essere uno strumento del governo di centrodestra. E accusavano Berlusconi di essere andato in Iraq a fare la guerra. Non era vero. Era una missione di pace, e i soldati italiani agivano in base alla risoluzione 1483 dell'Onu. Non si può dire sì ai civili e no ai militari. Altrimenti chi li difende i civili? In quest'ultimo caso, invece, l'opposizione si è comportanta correttamente e non ha fatto polemiche fino alla liberazione dell'ostaggio». Poi la Cdl ha parlato di uno scambio immorale... «Dare via libera allo scambio è stato un precedente pericoloso. È un errore ingenerare la certezza che sequestrando qualcuno si possa ottenere la libertà di criminali. Forse erano meglio i soldi, anche se è un cane che si morde la coda. Il mio è solo un invito alla riflessione. Quanto vale la vita di un uomo?». Infatti. E c'è un'altra vita che sembra ancora in pericolo. Quella del giornalista

Dai blog