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Daniele è libero «Ho visto la morte»

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Grazie a tutti». Daniele Mastrogiacomo parla di getto. È agitato, un fiume di parole per tranquillizare e ringraziare tutti: la famiglia, i colleghi di Repubblica, l'Italia intera. «Sentivo che non mi avreste abbandonato. Che c'erano speranze di rimanere in vita», continua al telefono l'inviato rilasciato dai talebani dopo 14 giorni di prigionia. È finito l'incubo. Daniele, barba lunga, turbante in testa e vestito all'afghana è arrivato all'ospedale di Emergency di Lashkar Gah alle 14,40 ora italiana. Subito l'abbraccio con Gino Strada, il mediatore sul terreno di questa trattativa che ha portato alla liberazione del giornalista e del suo interprete in cambio di cinque talebani detenuti nelle prigioni afghane. Il fondatore di Emergency nel dare la notizia dell'avvenuta liberazione ha voluto subito rassicurare tutti. «Sta bene - ha dichiarato Strada - ed è in grande forma: è arrivato qui (nell'ospedale di Lashkar Gah, nel Sud del Paese, ndr) da uomo libero. Siamo felici, felici, felici». Un lungo abbraccio «Grazie Gino» e poi subito la telefonata alla moglie Luisella, che lo apostrofa: «Daniele, amore mio», e lui scoppia a piangere. «Ci sono stati dei momenti in cui ho temuto veramente di essere ucciso da un momento all'altro - racconta Mastrogiacomo - Mi hanno portato in 15 prigioni diverse. Ho la testa veramente confusa ma sono felice, sono riuscito ad uscire da questa situazione e ringrazio tutti, tutta la gente che si è mobilitata per me». La prigionia è stata dura. Legato mani e piedi, lunghi trasferimenti «di giorno e di notte». «Sono uscito da questa situazione grazie a tutti voi - ha spiegato commosso il giornalista - Soprattutto quando ero solo di notte in quelle case piccole, in ovili dopo aver percorso chilometri e chilometri. Sapevo che l'Italia mi sosteneva». Timori per la sorte dell'interprete, ma è lo stesso Mastrogiacomo a spiegare: «Ho visto andare via libero anche Adijmal Naskhbandi. «Questo è il momento più bello della mia vita», ha aggiunto. Ma poi ricorda momenti agghiaccianti quando ha visto uccidere il suo autista: «L'ho visto decapitare - dice ai microfoni del Tg3 - Ho pensato adesso tocca a me». Quando è stato rapito i taleban hanno colpito Mastrogiacomo con il calcio del fucile alla testa. Daniele racconta anche di Tarik, un talebano acculturato, che gli metteva un balsamo sulle ferite. Il direttore di Repubblica Ezio Mauro, quando ha sentito al telefono il suo inviato non ha potuto fare a meno di esclamare: «È stata la telefonata più bella che io abbia mai ricevuto ma ora ti devo passare una persona che è più importante», e la cornetta è finita nelle mani di Luisella Longo, la moglie. Oltre al video diffuso e al messaggio audio, Daniele Mastrogiacomo avrebbe inciso altri due messaggi che non sono stati mai diffusi dai rapitori in Italia, ha riferito Ezio Mauro, spiegando che uno era diretto a lui. «Ti è arrivato il messaggio - ha chiesto Mastrogiacomo parlando al telefono con il suo direttore - in cui parlo a te in ginocchio nel deserto?». Più sereno anche il figlio Michele, «da ieri (domenica ndr) eravamo un po' più tranquilli, anche alla fine della giornata: tutte le condizioni erano state esaudite, aspettavamo solo il momento della liberazione». Michele Mastrogiacomo ricostruisce con le ultime ore del sequestro del padre. «Ho sentito il nastro con le sue prime parole - spiega - l'ho sentito molto agitato, concitato, dopo essere stato in ambienti non proprio concilianti, familiari... Il video (in cui appariva l'inviato, ndr) - racconta - ci aveva un po' tranquillizzato, l'audio un po' meno: papà è stato bravo a mascherare le sue reali condizioni emotive, sembrava molto più tranquillo di quel che era davvero». Il momento della liberazione è concitato. L'attesa in Italia dura da ore: c'erano segnali di sviluppi positivi dopo una domenica di voci e smentite. Il direttore di Repubblica parla di due canali di trattativa: uno della Farnesina, l'altro attivato dal giornale stesso. Al mattino il presidente afghano Hamid Karzai in una conferenz

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