Avanti con le liberalizzazioni. Ma le banche sono salve
Legnata per i benzinai. E non parliamo dei tabaccai. Insomma, sono tante le categorie finite nel mirino delle liberalizzazioni. Via i lacciuoli che tengono il mercato incatenato, via assurdi balzelli e incredibili piccoli costi. Via, via, via. Colpendo a destra e a manca. O quasi. L'altro giorno la Cdl ha provato a mettere a segno un piccolo colpo al mondo bancario. Ma il centrosinistra ha fatto subito muro: non se ne parla proprio. Infatti, la Cdl ha presentato un emendamento al decreto sulle liberalizzazioni chiedendo che vengano eliminati i costi di ricarica non solo per le carte telefoniche, ma anche per altri tipi di card. Per esempio, quelle bancarie. Ma la richiesta di modifica è stata dichiarata inammissibile. Spiega Stefano Saglia (An): «In Commissione si era estesa l'eliminazione del contributo di ricarica anche alle tessere relative alla televisione e ai servizi di telecomunicazione. Si è quindi introdotto un principio, ossia che l'articolo 1 non riguarda soltanto le ricariche telefoniche». E insiste: «Vogliamo allora porre una questione, già evidenziata negli emendamenti da noi presentati, chiedendo alla Presidenza della Camera per quale motivo siano stati dichiarati inammissibili emendamenti che estendevano tale disciplina anche alle carte di credito prepagate. Ci chiediamo davvero per quale motivo siano stati usati due pesi e due misure». Per l'esponente di An «da un lato questo provvedimento si estende alle ricariche delle carte per servizi televisivi ma non si capisce per quale motivo la stessa disciplina non possa essere estesa alle carte di credito prepagate». Davide Caparini (Lega) gli dà manforte, ricordando come le autorità Antitrust e per le Comunicazioni «hanno identificato nel contributo per la ricarica una artificiosa composizione della tariffa». Protesta anche Antonio Mazzocchi (anche lui di An): «C'è una volontà, da parte della maggioranza, di bocciare o, com'è stato fatto in Commissione, di dichiarare inammissibili proposte emendative che erano volte soltanto a migliorare il provvedimento in esame». I leghisti rilanciano con Giuseppe Fava: «Avremmo gradito che fossero state recepite le nostre indicazioni emerse in queste settimane, anche durante i lavori in Commissione, come quelle riguardanti, ad esempio, i costi di utilizzo delle carte di credito, dei bancomat, e quant'altro». Ma niente, la maggioranza va avanti e boccia le controproposte. Nella discussione del successivo emendamento, Forza Italia ci riprova con Luigi Lazzari, che accusa: «Con le ammissibilità si utilizzano criteri politici e non tecnici. Se estendiamo la disciplina non solo ai telefonini ma anche alle carte televisive perché non inseriamo a quel punto tutte le carte che hanno un minimo comun denominatore nel fatto di avere un costo di acquisto? Guarda caso, però, quando noi proponiamo l'estensione a tutte le carte, arriva la tagliola della inammissibilità e ci viene detto di no». Il presidente di turno, Carlo Leoni (Ds) non ci sta, e ribadisce che non è vero: «Vi sono dei criteri rigorosi che la Presidenza segue e rispetta da molto tempo». Forza Italia insiste con Gianfranco Conte: «Le carte prepagate servono a fare gli acquisti su Internet, come anche della carta "soldi in tasca", che serve anch'essa ad avere una determinata disponibilità di denaro. Su di essa vi sono costi di accensione o avvio, che sono pari a 10 euro, mentre su quelle di ricarica i costi vanno dai 5 ai 3 euro. Ritengo che si tratti di un argomento da affrontare e da risolvere nell'ambito delle liberalizzazioni». Arriva in soccorso anche Enzo Raisi (An), che accusa di «scarsa trasparenza» le banche. Tocca al relatore Andrea Lulli, che non concede spazio: «Non c'è alcuna estensione della previsione normativa ai costi bancari, che sono conseguentemente estranei alla materia trattata nel provvedimento in esame». Porta in faccia. Si va dritto ai voti: 237 a 219. Le banche sono salve, l'asse tra Prodi e il mondo del credito (Profumo di Unicredit e Passera di Intesa hanno addisrittura votato