di GIANNI DI CAPUA PRODI frena: «Riforma condivisa o niente».
E insiste: «Stiamo lavorando - prosegue Prodi parlando con i cronisti a margine della breve cerimonia per la posa della prima pietra di un centro educativo per ragazzi disabili a Castenaso alle porte di Bologna - abbiamo un'agenda già fitta e al più presto possibile il Parlamento comincerà ad esaminare gli aspetti concreti della possibile riforma elettorale». Certo, sarebbero parole che non dovrebbero suscitare particolare sorpresa. Se non fossero pronunciate esattamente il giorno dopo quelle fatte arrivare al mondo politico dal presidente della Repubblica, il principale sostenitore della riforma elettorale. Sabato, infatti, il Capo dello Stato aveva fatto sapere che a suo giudizio ci sono «obiettive esigenze» che spingono in favore di un cambiamento delle regole del voto. E proprio per questo, Napolitano sottolineava l'importanza di una «ulteriore chiarificazione» tra le forze politiche per arrivare a «possibili evoluzioni del sistema politico». I giudizi domenicali di Prodi suonato come una frenata, un rallentamento, quasi un arresto. Napolitano torna a insistere sulla necessità di fare la riforma elettorale, e le sue parole si possono tradurre anche così: si faccia e si faccia subito. E Prodi risponde che si può ma solo se tutti o quasi sono d'accordo. Il premier intanto va avanti. Ha avocato a sè la materia della riforma elettorale scippandola al ministro Chiti che invece sembrava vicino all'intesa. Ha tolto l'argomento dalle mani di un esponente diessino, vicino Fassino e D'Alema, per curare tutto in prima persona. Nei giorni scorsi era circolata anche l'ipotesi che anche nel fronte opposto Berlusconi potesse adottare la stessa linea e affrontare direttamente il faccia a faccia con il capo del governo. In risposta il Professore due giorni fa aveva confermato che Forza Italia è stata invitata e che sarà poi lo stesso partito a decidere chi parteciperà agli incontri stessi. Clemente Mastella ha capito il gioco di Prodi tanto che lo definisce «intelligente ed ha un minimo di furbizia», perché, a giudizio del leader Udeur, sa bene di non potersi permettere di arrivare al referendum sulla legge elettorale altrimenti il governo cadrebbe. Piuttosto, secondo il ministro della Giustizia il pericolo è che il premier possa essere messo «spalle al muro» da qualcuno che con l'arma del referendum vuole incastrarlo. Quanto all'invito ad arrivare ad una riforma della legge elettorale attraverso un percorso condiviso, Mastella approva e spiega che è giusto che la riforma si faccia «con il consenso di entrambi i poli. Questo anche se la scorsa volta fu fatta da un polo solo con qualche strizzatina d'occhio ad alcuni partiti con i quali oggi mi accompagno». In pratica, non può andare che a vantaggio del sistema Paese se «si dice basta alle riforme fatte come Erode, con un infanticidio politico delle minoranze a favore delle maggioranze». Per questo, ha concluso il leader dell'Udeur, bisogna evitare che la riforma venga determinata «mediaticamente, con qualche suggeritore occulto, con qualche professore che sostiene leggi liberticide». È invece «assolutamente d'accordo» con Prodi il segretario del Pdci, Oliviero Diliberto: «La legge elettorale contiene le regole del gioco e le regole le decidono le due squadre insieme». Di tutt'altro avviso invece il segretario dei Ds Piero Fassino che invece chiede un confronto in Parlamento (e non cita nè governo nè premier): «Il tema di una nuova legge elettorale è un tema aperto. È necessario avviare un confronto in parlamento tra maggioranza e opposizione perché una nuova legge elettorale costituisca un fattore di certezza». politico@iltempo.it