Nessun uomo della Quercia difende il conduttore. Cuillo: «Ci vorrebbe più sobrietà»

Nessuna difesa di Michele Santoro dopo l'aggressione tv compiuta ai danni di Clemente Mastella. Non è intervenuto Piero Fassino. Non parla Fabrizio Morri, che pure non si è fatto sfuggire l'occasione di entrare nel dibatito sulla Rai. Non dicono nulla quelli della pattuglia della Quercia in commissione di Vigilanza Rai. Nessuno lo difende ad eccezione di Giuseppe Giulietti, un vita da giornalista nell'azienda di Viale Mazzini, che mette le mani avanti: «Ciascuno è libero di criticare le trasmissioni televisive, ma altra cosa sarebbe trasformare le critiche in un processo o in espulsioni dal servizio pubblico», ha detto due giorni fa. E ieri invce ha difeso solo il direttore generale Cappon: «Chiunque abbia a cuore la tutela del pluralismo editoriale non può far finta di non sapere che gli attacchi di queste ore - ha detto ieri Giulietti - hanno il solo obiettivo di intimidire il direttore generale e di indurlo o alle dimissioni o a rinunciare alle sue proposte che si proponevano di ridare un minimo di spazio a talenti troppo a lungo trascurati o rimossi». I Ds hanno dunque scaricato il «loro» Santoro. Eppure proprio al suo fianco avevano condotto una battaglia contro la presunta epurazione voluta da Silvio Berlusconi. E dopo averlo santificato lo vollero nelle loro liste elettorali per le europee del 2004, facendolo diventare parlamentare a Strasburgo. Ora il ritorno dell'ex collaboratore di Servire il Popolo e dell'Unità in tv e il polemico abbandono di Mastella prima della fine della puntata di Annozero costruita ad arte per ridicolizzarlo. Al Botteghino l'impaccio è forte. E traspare non solo nel silenzio assordante ma anche nelle parole pronunciate dal responsabile informazione, Roberto Cuillo, che sino a pochi mesi fa era anche il portavoce di Fassino: «Santoro - ha spiegato Cuillo nel corso della trasmissione Tetris su La7 - ha il diritto di fare il giornalista e Mastella ha il diritto di replicare, ma ci vorrebbe più sobrietà da parte di tutti e comunque a me le parolacce in tv non piacciono». Gli dà manforte Silvio Sircana, portavoce di Prodi e ora anche speaker unico del governo: «Basta con i martiri e gli arroganti». Insomma, più una critica che una difesa. La stessa linea anche dell'Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai, un tempo una enclave diessina girotondina: «Dissensi e critiche sul modo di fare giornalismo sono legittimi, ma i toni vanno contenuti e ora nel caso Mastella-Santoro (entrambi almeno una volta eletti a cariche parlamentari, entrambi almeno per un periodo colleghi giornalisti in Rai) è decisamente venuto il momento di abbassarli», spiega il segretario dell'Usigrai Carlo Verna. Si è spinto oltre un altro esponente dei Ds, Nicola Latorre, vicecapogruppo dell'Ulivo al Senato ed ex caposegreteria di Massimo D'Alema quando questi era premier: ha chiamato Mastella per solidarizzare. Il caso comunque non è finito. Se ne occuperà certamente la commissione parlamentare di Vigilanza, visto che la settimana prossima è convocata con una serie di audizioni. Il presidente dell'organismo d'altro canto non ha mollato la presa e ha dichiarato: «Santoro si è risposto da solo quando ricorda che normalmente "in un Paese ognuno fa il suo lavoro, politici e giornalisti". Il pubblico italiano, quello che paga il canone, ancora questo non riesce a capire: quando a parlare dagli schermi del servizio pubblico è il conduttore Santoro o l'onorevole Santoro». Infine da registrare un battibecco sul filo delle epurazioni. Attacca Luca Volontè, capogruppo Udc alla Camera: «La sinistra ha una memoria intermittente, discriminante verso i cattolici. Antonio Socci e il suo Excalibur vennero censurati immediatamente dopo l'uscita di scena della signora Melandri. Pur presentando le sue scuse in diretta, pur ammettendo di poter aver sbagliato, venne cacciato via». L'esponente centrista ricorda ancora: «Allora il signor Petruccioli, da presidente della Vigilanza inviò una letteraccia di insulti per sancirne l'espulsione. Oggi il Padellaro comunista, lo stesso Petrucci