Apparizione a sorpresa del cardinale che detta una linea più soft nei confronti del governo
A sorpresa, arriva il segretario di Stato della Santa Sede, con quattro fogli dedicati «all'amico Bobba», conosciuto in quel di Vercelli, tanti anni fa (quando Bertone frequentava Carlo Donat-Cattin e collaborava con la rivista «Terza Fase»). Accenna all'esigenza di arrivare a una «quarta fase», evocando la corrente Dc di «Forze Nuove», e punta a sottolineare che «è giusto che i Cattolici» (il testo originale ha proprio la «c» maiuscola) impegnati in politica seguano la propria coscienza». Annuncia che oggi il nome del nuovo presidente della Cei sarà ufficiale (mentre negli ambienti vaticani si parla di un accordo tra Bertone e Prodi, per porre fine alle «direttive» che erano care a Ruini), e arriva al punto: «I Cattolici non sono la longa manus della Santa Sede». Ma le regole sono chiare, per chi appartiene al popolo di Dio: in primo luogo, c'è da tutelare la vita «dal primo istante del concepimento fino alla morte naturale», e bisogna promuovere la «struttura naturale della famiglia, come unione fra un uomo e una donna fondata sul matrimonio, che va promossa e sostenuta prioritariamente, riconoscendone la peculiarità e l'insostituibile ruolo sociale». In più, cita Chesterton e Voltaire («sarà contento Eugenio Scalfari», sibila qualcuno dalla platea). Bobba, che si scopre autore einaudiano (il sogno di ogni piemontese) sul solco di una tradizione cattolica che ha visto protagonista Arturo Carlo Jemolo), annuisce. In sala, tra il pubblico, ci sono Enzo Carra, seduto accanto a Giuseppe Santaniello, e Paola Binetti (quest'ultima esibisce orgogliosa il suo «BlackBerry», ma si lamenta che «le tasche femminili non sono studiate per queste cose»). Bertone non attende la fine della presentazione per uscire, e viene seguito da Roberto Pinza. Intanto, nella sala Zuccari monta la polemica sul Partito democratico. «Adesso viene concepito, poi ci sarà la gravidanza che richiederà il suo tempo, non può essere una gravidanza istantanea. Quella necessaria è la gravidanza di un bambino, è sufficiente», dice il ministro dell'Interno Giuliano Amato. «Inizialmente si era pensato alla gravidanza di un elefante, ma poi ci è sembrato un tempo troppo lungo», comunque «il tempo ci vuole, guai alla tecnologia che mi prepara l'istant baby». E al vicepremier Francesco Rutelli che ironizza affermando «speriamo non sia una gravidanza isterica», il titolare del Viminale replica con un «speriamo di no, altrimenti saremmo tutti matti». Vespa allora si preoccupa di riportare la presentazione sul tema all'ordine del giorno, ovvero «il posto dei cattolici», ricordando che nel suo libro Bobba accenna solo una volta ai cosiddetti teodem. Amato scherza e rileva, guardando la grande scritta «www.luigibobba.it» dominare la sala, che «questa vena Mediaset dentro Bobba non me l'aspettavo», scatenando le risate dell'uditorio. Ma arriva al dunque, citando don Pasini e il fenomeno «teodem», quel «cristiano strisciante che bazzica dentro le sacrestie», perché «il cattolico fa valere il suo valore, ma non può fare dei suoi valori una spada che divide la società, che realizza la discordia comune. L'identità deve esserci, ma non arroccata dentro se stessa, altrimenti si va verso l'homo homini lupus». Francesco Rutelli, però, non ci sta, e torna ad avventurarsi nella difesa del prossimo, futuribile soggetto politico: «Il partito democratico è una realtà estremamente interessante perché arriva a conclusione di un secolo e avvicina tre grandi famiglie, quella socialista, quella liberale e quella cattolica. Noi facciamo lo sforzo di portarle ad un approdo condiviso e la Margherita certamente porterà molti cattolici che non sono interessati ad un as