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I cattolici lavorano al «Family Day»Monsignor Elio Sgreccia: «Scendere in piazza è legittima difesa»

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Anche se oggi, tra molte incertezze, inizia l'iter parlamentare, la voglia di «mobilitazione» non scema, anzi. In settimana - a quanto si apprende, giovedì - i movimenti aderenti al Forum delle associazioni familiari si incontreranno per mettere a punto modalità e tempi del previsto «Family day». A quel punto dovrebbe partire un'azione capillare di ogni movimento che, nel giro di qualche settimana, o al massimo un mese, porterà in piazza decine di migliaia di cattolici contrari ai Dico e favorevoli alla famiglia fondata sul matrimonio. Sul progetto gli organizzatori tengono ancora il massimo riserbo, anche se ormai le principali divergenze tra le diverse sensibilità sembrano superate. I motori del «Family day» - che tra gli altri vede coinvolti, a diverso titolo, Movimento per la vita e Acli, Azione cattolica e Rinnovamento nello spirito, Sant'Egidio e Comunione e liberazione - ormai girano bene. L'obiettivo, spiegano, non è un corteo politico o sindacale, ma «una grande festa di famiglie normali», una «mobilitazione spirituale» del «popolo cattolico». Del resto gli incerti destini del ddl Bindi-Pollastrini al Senato hanno eliminato il movente meramente politico. «L'obiettivo della manifestazione di piazza - spiega l'europarlamentare Udc Carlo Casini - non è stare con Prodi o contro Prodi, con Berlusconi o contro Berlusconi. La prospettiva è legata ad un avvenire molto più lungo». La prospettiva è quella più volte indicata dal presidente uscente dei vescovi italiani, il cardinale Camillo Ruini che già a Verona invitava a «tener accuratamente presente la differenza tra il discernimento rivolto direttamente all'azione politica o invece all'elaborazione culturale e alla formazione delle coscienze: di quest'ultimo infatti, piuttosto che dell'altro, la comunità cristiana come tale può essere la sede propria e più conveniente». Attori principali di questo processo, spiegò il porporato, devono essere i laici cattolici. Improbabile, dunque, che la Cei voglia interferire sui tempi delle scelte dei movimenti cattolici per il «Family day». Così come è escluso che la linea possa cambiare se - come tutto lascia supporre - domani verrà nominato, al posto di Ruini, monsignor Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova. In un'intervista rilasciata ieri a Repubblica, il presule ha infatti ribadito, chiaro e tondo, la linea di Ruini: «Non possono aspettarsi che la Chiesa dica sì e applauda le idee di riforma di istituti chiave come la famiglia». Il «Family day», allora, come ha spiegato Carlo Casini, potrebbe rivelarsi il segno di una «riscossa» cattolica che, iniziata con la campagna astensionistica per il referendum sulla procreazione medicalmente assistita del giugno 2005, ribalti lo spirito di «arrendevolezza, timore, pudore, sudditanza culturale» che ha caratterizzato i cattolici in altre stagioni politiche italiane. Gli ha fatto eco monsignor Elio Sgreccia, presidente della pontificia Accademia pro vita, quando ha spiegato che di fronte a un sistema mediatico ideologizzato a alla timidezza di alcuni ambienti cattolici, quella di scendere in piazza è «legittima difesa». Una fierezza, quella che traspare dalle parole degli esponenti cattolici, che non sembra curarsi molto delle altre voci. Il ministro della Pubblica Istruzione Beppe Fioroni annuncia di essere «pronto a scendere in piazza per difendere la famiglia», mentre il deputato «prodiano» Franco Monaco risponde che «chi è interessato a un confronto civile e propositivo su Dico e politiche di sostegno della famiglia, specie se ha alte responsabilità politiche e istituzionali, farebbe bene a impegnare le proprie energie più nel Parlamento che nella piazza».

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