Bombe su un villaggio
Le vittime - ha detto il governatore della provincia Sayed Daud Hashimi, le cui parole non sono state confermate da fonti indipendenti - sono state uccise mentre erano in casa, in questo freddo e nevoso inverno. Vanno ad aggiungersi ai dieci di sabato in una sparatoria tra militari americani e guerriglia sulla strada vicino a Jalalabad, nell'Est, al confine con il Pakistan. In ambedue i casi, le forze della coalizione impegnate dal 2001 nella lotta al terrorismo «Enduring Freedom» e dell'Isaf, la forza di interposizione internazionale guidata dalla Nato, negano o quanto meno ridimensionano la loro responsabilità: si è trattato di risposte ad attacchi, hanno detto i portavoce a Kabul. Domenica un razzo ha colpito una base di ricostruzione dell'Isaf, e sarebbe partito dall'abitazione poi distrutta nel raid. Mentre sabato gli americani hanno risposto ad un attentato suicida. Le immagini delle conseguenze della reazione, fra cui quelle di civili uccisi nella loro automobile, sono state distrutte dai soldati americani. L'agenzia di stampa americana AP ha presentato una denuncia. Ma fra i 30 milioni di afghani, per lo più privi di elettricità in gran parte del Paese, monta l'astio verso una presenza straniera e un governo, quello di Karzai, che non hanno mantenuto le promesse fatte dopo la fuga dei Taleban sotto le bombe americane nel dicembre 2001. Ci sono state elezioni parlamentari e presidenziali, il Paese ha una Costituzione, ma secondo l'organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch oltre mille civili sono morti nel 2006 in raid, attentati e combattimenti fra militari stranieri e una guerriglia che sempre più sta diventando una sorta di associazione per delinquere tra trafficanti di droga, criminali, signori della guerra - come l'ex primo ministro Gulbuddin Hekmatyar, prima sostenuto dagli americani e ora ricercato - e migliaia di altri per facilità identificati come «Taleban». E un rapporto dell'Onu, reso pubblico ieri, indica che la produzione dell'oppio quest'anno sarà in aumento.