Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Amato lancia le «maggioranze variabili». Per giustificare che al Senato servono i voti della Cdl

default_image

  • a
  • a
  • a

Amato aveva osservato che «sono le forze politiche a dover decidere se il sostegno di una maggioranza diversa a un singolo provvedimento rappresenti una ragione per togliere la fiducia. Se non lo fanno, vorrà dire che esse, pur non condividendo quella misura, hanno ritenuto di non essere state tradite». Solo Piero Fassino dice che Per Fassino quello delle maggioranze variabili «è un falso problema. ancora una volta ci si avvita in un dibattito nominalistico perchè in qualsiasi democrazia parlamentare c'è una maggioranza che governa e porta in Parlamento i suoi provvedimenti e poi in Parlamento si discute e ci si confronta e può accadere che ci sia anche una convergenza su singoli provvedimenti". Secondo Luca Volonté, capogruppo Udc alla Camera, le parole di Amato sono «utilitarismo allo stato puro. La sincerità del Responsabile dell'Officina del Programma, è addirittura sfrontata. Si piegano le proprie convinzioni, addirittura il rispetto istituzionale pur di evitare le dimissioni dell'esecutivo. Chi pensava al consolidamento dell'Unione, viste le dichiarazioni radicalcomuniste sull'Afghanistan, non può non guardare alla decomposizione in atto». Amato ha ottenuto le dure risposte anche del forzista Claudio Scajola («vuole la botte piena e la moglie ubriaca: da una parte un governo stabile grazie alla firma in bianco su 12 generici punti di programma da parte della maggioranza uscita dalle elezioni e dall'altra un governo capace di prendere decisioni sui temi più scottanti grazie ai contributi isolati di alcuni settori dell'opposizione. L'ipotesi di Amato è solo un espediente per allungare di qualche mese l'agonia di un governo Prodi») e dell'esponente di Alleanza Nazionale Adolfo Urso («La proposta di Amato non è condivisibile in un sistema bipolare»). Nella maggioranza, Daniele Capezzone (Rnp) ha detto. «Seguo con un qualche stupore il dibattito che si è avviato sulle maggioranze variabili. Un conto è infatti raggiungere intese limpide su obiettivi chiari, come vado dicendo da mesi; altra cosa è pensare che, sistematicamente, si possano eludere le contraddizioni e il caos della maggioranza raccattando di volta in volta i voti dove capita, e senza che questo abbia mai conseguenze sulla vita del Governo. Non credo che un esecutivo possa andare avanti a forza di escogitazioni». Al Pdci comunque hanno capito la lezione: «Votando il decreto legge che rifinanzia le missioni italiane all'estero impegniamo il governo dell'Unione a lavorare con convinzione e determinazione per uscire il prima possibile dal pantano afgano, dove anche la più stretta attualità impone un ripensamento generale sulla missione», ha afferma Sgobio, capogruppo del Pdci alla Camera. Intanto il testo ha subito interventi decisivi durante l'esame in commissione, che hanno di fatto recepito molte delle richieste avanzate dalla sinistra radicale per esaltare l'aspetto umanitario rispetto a quello tattico-militare delle missioni.

Dai blog