Parole studiate fino a notte, il Cav si sente scavalcato
Ma chi lo conosce bene sa che non ha ancora digerito l'attacco frontale che il segretario dei Ds Piero Fassino gli ha riservato venerdì alla Camera durante le dichiarazioni di voto alla fiducia. Quella frase, «buona parte della sua coalizione diffida della sua leadership» gli ruota ancora in testa. Gli sarebbe scivolata sulla pelle se nelle parole di Fassino, il Cav non riconoscesse un fondamento di verità. Non è passata inosservata la quasi indifferenza con cui Casini ha assistito, immobile nel suo posto (Fini invece si è subito precipitato a dare la sua solidarietà a Berlusconi) all'attacco verbale del leader della Quercia. Ma c'è di più. In Transatlantico, dopo la votazione, tra i capannelli dei deputati azzurri qualcuno sussurrava che se si è arrivati a questo punto, forse è perché Berlusconi negli ultimi tempi è parso più lontano dalle sorti della Cdl, ha lasciato troppo margine di manovra all'Udc, non ha saputo affrontare la crisi di governo con la necessaria determinazione chiedendo le elezioni subito. Questo malessere dentro Forza Italia Berlusconi lo ha avvertito come pure ha colto il rischio di una sfilacciamento della coalizione che parte dal «tradimento» di Follini, dallo smarcamento di Casini e potrebbe trovare il suo culmine nella questione della riforma elettorale. Non è un caso che alla vigilia dell'appuntamento a Ostia con i giovani azzurri, Berlusconi abbia convocato il coordinatore del partito Sandro Bondi a Palazzo Grazioli per mettere a punto il suo discorso. Un intervento da limare, calibrare, soppesare come fosse ancora in campagna elettorale. In un altro momento non sarebbe rimasto alzato fino a notte fonda a scrivere e riscrivere quei quattro fogli. Non si sarebbe alzato di prima mattina dando la sveglia a Bondi per rimettere mano al testo. Una tensione da giorno prima degli esami. Sì, perché gli esami per Forza Italia, per la Cdl e soprattutto per la leadership di Berlusconi sono cominciati. Bondi ha cercato di tranquillizzarlo ma non c'è stato verso. Le luci a Palazzo Grazioli sono rimaste accese fino a tardi. E poi quel tarlo: Casini che lo scavalca e tratta sotto banco con la maggioranza sulla riforma elettorale e i veleni dei centristi. Ma anche il timore che dentro Forza Italia prevalga lo scoramento, o sbandamento. Così il Cav, attraverso il suo portavoce Paolo Bonaiuti, ha fatto circolare una nota tra i dirigenti del partito. Tre paginette in cui si sottolinea la situazione drammatica del Paese stanco di Prodi ed esasperato dalla sua frantumata maggioranza. Ma soprattutto si fa autocritica sulle divisioni del centrodestra. «Chiamati dal popolo a gran voce in questi mesi, settimane ed ore a dare, non una spallata ma un semplice ben servito alla stagione prodiana fondata sull'antiberlusconismo - si legge -, siamo apparsi frastornati, dubbiosi e divisi». A finire sotto accusa sono soprattutto gli alleati. Alleati che non hanno creduto fino in fondo nella vittoria di aprile («ognuno col suo stile, nutriva riserve, scetticismi e magari progetti diversi di posizionamento futuro») e che oggi, davanti alla crisi del Professore, «hanno scelto i distinguo e li hanno platealmente marcati». Nessuno si salva dall'ira del Cavaliere. «Nel cuore del centrodestra - continua la nota - nessuno apprezza la mosca cocchiera di Casini, la esagerata suscettibilità di Fini, i continui rilanci della Lega e soprattutto quella impressione di eccessiva tolleranza azzurra che sfiora (vista da fuori) la rassegnazione». Giunti a questo punto la domanda nasce spontanea: che fare? «Sappiamo che Prodi navigherà a vista - è la convinzione degli azzurri -, dunque occorre in noi un surplus di lungimiranza che si può ottenere ritrovandosi attorno ad un tavolo per stabilire almeno come rendere difficile quella navigazione». Ma soprattutto spetta a Forza Italia dare una scossa al sistema bloccando qualsiasi inciucio sulla legge elettorale. Per Berlusconi sono due gli