Mastella: «Nel '98 ero con D'Alema ma stavolta sto con Prodi, che vince»
L'occasione è quella della cerimonia della consegna delle Toghe d'oro, a Napoli. Insieme al ministro della Giustizia c'è la moglie Sandra, presidente del Consiglio regionale campano. I coniugi Mastella condividono ormai anche lo spazio della politica. Senza difficoltà: «Bisogna cercare di conciliare le cose ma non è che fossi un pantofolaio. Anzi, forse ora ci vediamo più di prima». Il leader dell'Udeur è di ottimo umore, come di consueto smista contemporaneamente più telefonate, prende appuntamenti, dà indicazioni all'autista. L'ex presidente della Camera Casini ha detto che il centro non rinascerà raggranellando l'1,5% da una parte e lo 0,5 dall'altra. «Io però non vedo davanti alla sede del suo partito code interminabili di intellettuali, eroi e navigatori. Quindi c'è bisogno del contributo di tutti, anche dell'1,5 e dello 0,5. Insieme possiamo rappresentare un punto di riferimento. Se invece lui ritiene di poter fare da solo, allora credo che pesi un po' di quella vanità che i capelli bianchi dovrebbero portarlo a mettere da parte». Cosa pensa di Casini? «È una persona di notevole talento ma deve guardare un po' al di là di se stesso. Deve capire che questo progetto supera ognuno di noi». Lei crede nella rinascita del centro? «Ci credo, ma per farlo rinascere realmente e far sì che non sia una cosa da poco, bisogna che ci credano in tanti. Oggi questo è possibile, perché gli italiani si sono resi conto di quanto fosse sbagliato attribuire ogni male del paese alla gestione politica del centro». Casini è un forte sostenitore del modello elettorale tedesco, proporzionale con uno sbarramento al cinque. «Perché lui ritiene che questa volta andrà come la scorsa, quando è andato alle elezioni come presidente della Camera, stando al governo e con il mondo cattolico che guardava a lui con simpatia. Oggi non lo so. Se prende il 4,8 politicamente si suicida. Io credo che debba essere un po' più umile e paziente nel costruire quello che in molti vogliono edificare. E comunque alla fine nessuno ci impone di stare insieme a tutti i costi. Non è che dobbiamo fare una coppia di fatto politica. Possibile quindi un incontro con Casini. Su quale modello elettorale potrebbe avvenire? «Se si costruisce un'idea politica prima, che diventa un'idea elettorale dopo, per me si può mantenere anche il 5% di sbarramento. Anzi, facciamo pure il 10, diventerebbe una scommessa interessante. Ma se quest'idea politica manca, il rischio è per entrambi. Noi non arriviamo al 5, però certamente raddoppieremo i voti. L'Udc non so se oltrepasserà ancora quella soglia. Inoltre l'Udeur non è un elemento precario della politica italiana. Oggi abbiamo dimostrato di fare politica e di essere un partito». In Italia essere di centro sembra essere diventato quasi un insulto. Perché? «Secondo me no. Io lo dico con orgoglio di essere un uomo di centro. In Italia non passa l'idea che c'è in Francia dove nel distinguersi dicono la droite e la gauche. Da noi si parla sempre di centrodestra e di centrosinistra. Il centro c'è sempre». Sembra che D'Alema avesse instaurato un dialogo con Casini a proposito di un accordo per un governo di larghe intese, magari transitorio per le riforme. Che fanno? La bypassano? «Sarebbe una costruzione molto labile: l'indomani che succederebbe? Un governo di larghe intese presuppone più che la disponibilità a elaborare una legge elettorale diversa e a fare alcune cose in maniera straordinaria. Inoltre può durare un anno, non più di tanto insomma. Poi bisogna dividersi e allora aspetteremo sulla riva del fiume per vedere passare i corpi di quelli che hanno tentato di farci del male». Se un giorno alla porta di un nuovo grande centro bussasse anche Di Pietro, lei aprirebbe? «Purchè non su posizioni di giustizialismo e legalismo a tutti i costi. Attenzione, parlo non di giustizia e legalità ma di giustizialismo e legalismo. Scevro da certe posizioni, perché no?» I maligni direbbero che se prima della crisi il problema del governo Prodi e