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Oggi si riunisce l'esecutivo di An Nel testo del leader richiami a Sarkozy

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Non certo la fantasia al potere tanto declamata ma certo non attuata, quanto la burocrazia che ne è seguita fatta di grigiore nelle scuole e nelle fabbriche, con il sei politico che non si negava a nessuno, il posto stabile e sicuro, il rifiuto di ogni responsabilità, la cultura dei diritti senza i doveri». Firmato Gianfranco Fini. Chi si aspettava una nuova svolta dal presidente di An, eccolo servito. L'ex vicepremier piccona l'epopea sessantottina. Stagione celebrata, oltre che dalla sinistra, anche da una parte della destra politica, l'elite culturale, benché fosse stata relegata ai margini nelle università e nelle piazze. L'affondo contro il Sessantotto è contenuto in un documento che Fini illustrerà oggi all'esecutivo politico del partito. «Produrre il futuro», questo è il titolo della relazione. Una quarantina di pagine predisposte per la conferenza sull'impresa e lo sviluppo in programma a Brescia dal 2 al 3 febbraio. Fini come Sarkozy, dunque. Fu proprio l'aspirante inquilino dell'Eliseo, poco tempo fa, a definire gli studenti sessantottini come «i figli viziati di trent'anni di benessere». Critica che il leader della destra italiana fa sua. E rilancia: «Dalle università alle fabbriche, nell'arco di pochi mesi, dagli studenti agli operai, dal Sessantotto all'"autunno caldo", si sono poste le premesse della lunga stagnazione, che è innanzitutto di ordine culturale e valoriale, tarpando le ali alle generazioni che si sono succedute, più attente a consumare il quotidiano che a preparare l'avvenire: è la crisi del futuro in una società che ha avuto l'eccellenza del passato». Dieci capitoli. Temi che vanno dalla crisi demografica alla mancata crescita, dall'impresa come motore dello sviluppo al made in Italy, dall'energia all'ecologia. Linguaggio tecnico. A volte criptico. Con un uso, forse eccessivo, di parole esterofile. Roba tipo «wellness» o «general well being». Due le citazioni importanti. La prima, già menzionata, dedicata a Sarkozy. La seconda a Dave Cameron, capo dei conservatori britannici. Diffusa la critica alla sinistra. Accusata di non dare voce a quell'Italia produttiva che «rappresenta un nuovo, diverso blocco sociale che vede insieme in una innovativa alleanza chi prima era contrapposto nella visione marxiana del conflitto di classe: imprenditori e operai, manager e artigiani, agricoltori, professionisti e commercianti». Al potere, secondo il documento finiano, non c'è una coalizione riformista. Ma, al contrario, «una sinistra che rifluisce nel massimalismo». Secondo il testo redatto in via della Scrofa, «la sinistra di oggi è più vecchia di quella di dieci anni fa. Sembra essere tornata indietro invece di andare avanti, appare come un disco rotto. La sinistra ripropone la caccia al ceto medio come se fosse un ceto privilegiato e attua una politica redistributiva che invece si appalesa solo come requisitrice e recessiva. Non c'è nulla di Blair e nemmeno di Gonzales e tanto meno di Schroder, non c'è nemmeno Clinton e non certamente Obama in quello che essa fa e reclama. Incapace di leggere il presente, di fatto nega il futuro». Per il rilancio del made in Italy, il documento che An proporrà agli industriali immagina lo slogan delle quatto «A»: abbigliamento, arredo, alimentazione e automazione. Cioè, — si legge nel testo — «le coordinate di una industria manifatturiera, fatta in buona parte di piccole e medie imprese e artigiani, che andava certamente rinnovata, anche in alcuni casi in modo radicale, ma che non andava assolutamente abbandonata». An infine critica l'Italia dei colletti bianchi («È diventata la Repubblica dei veti, dove ciascuno ha il potere di limitare l'altro, dove ogni istituzione si assume il compito di impedire, ostacolare, piuttosto che di consentire»), rilancia il tema del Mezzogiorno, riapre «senza ipocrisie» la via al nucleare e lancia la questione ambientale. Che la destra intende aulicamente come «tutela della terra dei padri».

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