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Giovanardi attacca: «Via il nome di Casini dal simbolo»

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Ieri, mentre il leader del partito e il segretario sono usciti dalla riunione cercando di minimizzare l'esistenza di due correnti in corsa, Giovanardi ha invece fatto capire che stavolta non si tirerà indietro. E ha chiesto che il partito tolga dal simbolo il nome di Casini. «Non c'è stato un grande dibattito, anche perché dovevamo discutere del regolamento — ha spiegato l'ex ministro uscendo dalla riunione convocata all'hotel Ritz a Roma — ma sulla linea ci sono state posizioni dialettiche riguardo alla concezione del partito e ai rapporti con gli alleati. Comunque tenere il nome di Casini sul simbolo va bene durante le elezioni politiche, ma è inammissibile in tempi normali. Non possiamo criticare il verticismo di Forza Italia e poi riproporre la stessa strada». La mozione di Giovanardi prevede «fedeltà ai valori cristiani, lealtà con gli alleati, alternativi alla sinistra nel bipolarismo». Insomma, «se c'è una mozione che contiene questi principi non ne presenterò un'altra, altrimenti avremo un'altra mozione e un altro candidato. Io non so, ad esempio, se Tabacci o gli eredi della tradizione folliniana sono d'accordo su questa posizione...». Pier Ferdinando Casini ieri, uscendo dal consiglio nazionale, ha cercato di smorzare i toni: Sono convinto che il Congresso sia una grande opportunità di confronto, perché nel nostro partito ci deve essere sempre pieno diritto di cittadinanza per ciascuna idea». E ancora: «Sarà un Congresso grande, importante, il primo passo verso una nuova fase politica di aggregazione dei moderati. Mi auguro un'ampia convergenza sulla linea della segreteria, di Lorenzo Cesa e di Rocco Buttiglione. Io sosterrò questa linea, ma è chiaro che il dissenso è un segno di vitalità, un fatto positivo per il partito». Per il momento la riconferma di Lorenzo Cesa alla segreteria appare scontata. Ma qualche preoccupazione arriva dai continui attacchi dei giornali sulle possibili inchieste nei confronti del segretario. «Finché non c'è nulla di concreto — spiega un dirigente dell'Udc — queste notizie non fanno altro che dare forza alla sua candidatura. Certo se poi uscisse qualcosa di reale dalla magistratura allora la situazione cambierebbe...». Alle spalle di Cesa la partita è ancora aperta. Potrebbe candidarsi lo stesso Casini, anche se il leader dei centristi non ha voglia di impegnarsi in prima persona nella guida del partito. La sua idea è quella di tenersi le mani libere per arrivare invece a fare il leader di quella federazione di centro alla quale sta lavorando da tempo. Se Cesa dovesse uscire di scena potrebbe così toccare a Mario Baccini, il «signore delle tessere» del Lazio, da sempre alleato di Pier Ferdinando. L'ex ministro della Funzione pubblica ha in mano praticamente la metà dei voti del partito, visto che le due regioni dove l'Udc è forte sono proprio il Lazio e la Sicilia. Infine scalpita anche Bruno Tabacci, ansioso di occupare una casella nell'organigramma del partito.

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