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In un cenone a palazzo Chigi incontro preliminare con i sindacati. A tavola erano in 13

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Insomma la questione cruciale per il futuro del Paese finisce, secondo la peggiore tradizione italica, a tarallucci e vino. Ieri il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, nel corso della trasmissione «Domenica in» in onda su Raiuno ha annunciato: «Il governo non ha alcuna intenzione di innalzare l'età pensionabile». Insomma, di fronte alle richieste dei sindacati, ha calato subito... le sue carte. Il ministro ha poi aggiunto di non voler «mettere le mani nelle tasche degli italiani. Vorrei, invece - ha continuato - che scendesse l'età per chi fa lavori usuranti». Dopo aver chiarito le sue intenzioni il ministro se ne è andato a cena in centro, a palazzo Chigi, dove si apparecchiava in vista di un incontro informale tra governo e sindacati per parlare della riforma delle pensioni. Tra una fetta di mortadella e una bicchierata ieri sera si è discusso di sistema previdenziale, ma anche di liberalizzazioni e di sviluppo. Insieme al presidente del Consiglio, Romano Prodi, all'incontro hanno partecipato anche i vicepresidenti, Massimo D'Alema e Francesco Rutelli. Alla tavolata della domenica sera si sono aggregati anche il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, il titolare dello Sviluppo economico, Pierluigi Bersani e il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero. Per i sindacati: i leader di Cgil, Cisl e Uil, Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. Ognuno ha portato qualcosa: Damiano, ad esempio, ha riscaldato la legge Dini, con l'idea di «smontare» lo scalone introdotto da Maroni. Sembra quindi confermata la linea del governo di rivedere le norme, che, dal primo gennaio 2008 alzerebbero l'età pensionabile da 57 a 60 anni. Non è che il programmino sfoderato dai commensali sia piaciuto a tutti. Qualcuno, soprattutto i non invitati, hanno protestato. Daniele Capezzone, presidente della commissione Attività produttive della Camera, parla di «un ulteriore grave arretramento». Enrico Boselli, segretario dello Sdi ha detto chiaro e tondo che «i problemi non si possono risolvere con una sinistra riformista che sta ferma al palo». Sestino Giacomoni, parlamentare di Forza Italia, si domanda chi pagherà il conto, «non tanto della cena, quanto delle mancate riforme». Incassano la vittoria i sindacati, che continuano a chiedere quello che è già stato concesso. Guglielmo Epifani, leader della Cgil (lo stesso sindacato dove ha servito l'attuale ministro del Lavoro) ha confermato l'intenzione di abolire lo scalone, ma poi, «innanzitutto» ci sarà «lo sviluppo. In secondo luogo la riforma delle pubblica amministrazione». Ieri sera, verso le nove, è iniziato il banchetto sulle pensioni. Alla fine a palazzo Chigi si sono presentati anche il titolare dell'interno Amato, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Letta, il ministro per l'attuazione del programma Giulio Santagata. Se la matematica non è un'opinione attorno al tavolo si sono messi in 13. Non bisogna essere superstiziosi per preoccuparsi. Dopo l'incontro tutti hanno detto che si è parlato di metodo, non di merito. In pratica si è deciso come ci si dovrà incontrare per discutere l'argomento. Dal segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, una battuta che non annuncia nulla di buono: «Mia moglie cucina molto meglio».

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