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La sinistra radicale «I nostri soldati tornino a casa»

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E chi gli domandava se i Comunisti italiani sono disposti ad arrivare ad una crisi di governo Rizzo replicava: «Il problema è ottenere i risultati - dice - c'è un mese di tempo per far cambiare idea la governo». Il ragionamento di Marco Rizzo non fa una grinza: l'esclusione di un exit strategy dall'Afghanistan «è in contraddizione con quello che è il senso comune dell'elettorato di sinistra». Ma il Pdci voterà o no il rifinanziamento della missione italiana in Afghanistan? La Sibilla cumana sarebbe stata più esplicita: «Se rispondessi distruggerei ogni possibilità di cambiamento. A noi interessa il risultato...». C'è aria di buriana nel centrosinistra. Il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero di Rifondazione Comunista non rivoterebbe un provvedimento di rifinanziamento della missione afghana identico a quella di sei mesi fa: «Francamente non ne vedo le condizioni, direi di no. Le ragioni di quella missione continuano a non esserci e la situazione peggiorata sul piano anche militare dice del fatto che la strategia militare non paga assolutamente. E quindi c'è un problema di modifica della situazione che noi continuiamo a porre». Il ministro ha poi aggiunto che «nella settimana ci sarà tutta la discussione per vedere come dare dei segnali chiari che vadano nella direzione di un'inversione di tendenza rispetto alla situazione attuale». La sinistra radicale impone agli alleati più moderati una linea intransigente che ha il sapore di una ripicca dopo l'assenso del governo alla nuova base Usa vicentina. Il presidente del Senato Franco Marini getta acqua sul fuoco: «Sono scelte che devono avvenire alle Camere, io mi limito a dire che un Paese, una nazione europea, tutti gli Stati, quando prendono delle decisioni sulle grandi questioni internazionali e, magari, le prendono nell'ambito delle alleanze proprie, cioè la Nato o l'Onu, poi gli impegni che si prendono vanno mantenuti. È un dovere elementare per ogni Stato, quindi vale anche per l'Italia». La provocazione dei Comunisti non viene raccolta neanche dal ministro alle Infrastrutture Antonio Di Pietro: «Il governo non cadrà per le vicende di Vicenza e Afghanistan, assolutamente no». «Una cosa è la vicenda di Vicenza - ha aggiunto Di Pietro - che può essere valutata nelle sue diverse sfaccettature, un'altra è l'Afghanistan. Fare un parallelismo del tipo tu mi hai fatto quello, io non ti faccio questò è la logica del ricatto nella quale non devono cadere la politica e questo governo».

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