Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Ferrero al sit-in per fermare l'allargamento della base Usa. Con diversi altri deputati dell'Unione

default_image

  • a
  • a
  • a

C'è il presidente dei senatori di Rifondazione Giovanni Russo Spena, che chiede il rispetto del programma. C'è la senatrice Lidia Menapace che, tra le altre cose, accusa Prodi di maleducazione. C'è il parlamentare europeo del Pdci Marco Rizzo, speranzoso e possibilista: «Abbiamo un mese di tempo per far cambiare idea al governo». E c'è il leader dei Cobas Pietro Bernocchi, che è sicuro di sé e annuncia. «L'ampliamento della base non si farà». Per il resto, poca gente. Un centinaio in tutto, la maggior parte militanti dell'assemblea permanente Dal Molin venuti da Vicenza per far sentire la loro voce nella Capitale della politica in una piazza Montecitorio dove le divise nere e blu delle forze dell'ordine sovrastavano le macchie rosse delle bandiere di protesta. In attesa del corteo nazionale, che si svolgerà il 17 febbraio nella città veneta, ieri i «no base Usa» hanno tenuto un sit-in davanti alla Camera dei Deputati sotto gli occhi di numerosi carabinieri e poliziotti, e di qualche giornalista. Ma l'iniziativa è stata disertata dal movimento no global e disobbediente, che pure fa dell'antimperialismo un cardine della sua stessa esistenza. A partecipare, invece, sono stati una cinquantina di aderenti alla Rete dei Comunisti, del Partito Comunista dei Lavoratori del trotzkista Marco Ferrando, di Radio Città Aperta e dei Comitati per il Ritiro dei militari italiani. Comunque, al di là dei numeri, il dato significativo in questa telenovela tafazziana è stato quello relativo alla presenza di un ministro del governo che manifesta contro il «suo» governo, di un capogruppo al Senato e di parlamentari vari tra Verdi, Comunisti italiani e rifondaroli. E anche facendo la «tara» alle sue dichiarazioni (fisiologicamente poco imparziali perché giunte dall'opposizione di centrodestra), basta un po' di buon senso per trovarsi d'accordo con l'onorevole Alfredo Mantovano quando fa notare che «il senatore Russo Spena non è un qualsiasi parlamentare; è presidente di un gruppo di maggioranza - sottolinea il senatore di An - Non di un gruppo qualsiasi, ma di quel Partito della Rifondazione comunista che, con l'unificazione di Ds e Dl nell'Ulivo, è il secondo per consistenza della maggioranza di centrosinistra». Ma così va il mondo dentro l'Unione. D'altra parte il Professore lo aveva detto, prima di Caserta: «Ci sono tensioni. Poi, però, al momento di decidere, arriva la coesione». Sarà. Forse è una pianta flessibile, il giunco unionista, e non si spezzerà neppure sulla politica estera e sul voto al rifinanziamento delle missioni afghane, come molti predicono. Ma non dà un bello spettacolo. E non è solo una questione estetica. Le liti continue (o «tensioni», come vuole il premier), i battibecchi fra ministri, le manifestazioni autolesioniste e la difficoltà di varare qualsiasi provvedimento senza polemiche e contrattazioni fra riformisti e «radicali», fautori dei Pacs e moderati cattolici, «Yankee go home» e «amici dell'America», rendono difficile la strada dell'esecutivo. Che deve fare leggi per il bene del Paese. E che, se non ci riesce, non fa solo del male a se stesso. Per questo, che si sia di sinistra o di destra, non è rassicurante sentire il ministro della Solidarietà sociale Ferrero invocare l'arma logora del referendum e ribadire che la sua posizione sulla vicenda di Vicenza «è netta», cioè nettamente contraria. Per questo dispiace ascoltare Russo Spena che, forzando la sintassi, dichiara: «A Prodi chiediamo di rispettare il programma dell'Unione, che prevede la revisione delle servitù militari in Italia. E revisione vuol dire ribasso, non un raddoppio». Per non parlare della quasi-presidente della Commissione Difesa di Palazzo Madama Lidia Menapace (la poltrona è poi andata a De Gregorio), apparentemente più indignata con il presidente del Consiglio per la forma che per la sostanza del «sì» all'allargamento della base: «Mi sono informata e ho verificato - ha raccontato ieri al sit-in, durato meno di due ore, l'esponente del Prc - che la

Dai blog