Pensioni, l'Inps contro sindacati e sinistra
Il presidente dell'Istituto di previdenza pubblica Gian Paolo Sassi, con una audizione alla Commissione bicamerale di controllo sugli enti previdenziali, entra a gamba tesa nel dibattito sulla riforma delle pensioni. Conti alla mano, Sassi ha spiegato che lasciando inalterato lo «scalone» e rivedendo i coefficienti di trasformazione del montante contributivo, i conti della previdenza saranno in equilibrio fino al 2050 e quindi «non ce ne dobbiamo preoccupare». Ai sindacati e alla sinistra estrema che è contraria alla revisione dei coefficienti, Sassi ricorda che il memorandum che hanno firmato sulle pensioni riguarda l'applicazione piena del contributivo, e questo significa la revisione dei coefficienti. «Il contributivo - spiega - o si applica tutto o non si applica. Non si può applicare a metà». Ricorda anche che la revisione al ribasso dei coefficienti è «prevista dalla riforma Dini». A sostegno della tesi che va alzata l'età pensionabile, Sassi dice che con l'aumento dell'aspettativa di vita, «l'Inps si trova a pagare oggi almeno cinque anni di pensioni in più rispetto a ciò che accadeva nel 1970-72». Il presidente dell'Inps sottolinea che bisogna fare i conti con l'andamento demografico. le rilevazioni dell'Inps dicono che nel 1972 la speranza di vita alla nascita era di 64 anni per gli uomini e di 74,9 anni per le donne. A 65 anni per gli uomini la speranza di vita era di 13,3 anni e per le donne di 16,2 anni. Nel 2004, non soltanto gli uomini alla nascita avevano una aspettativa di vita di 77,8 anni (le donne 83,7), ma a 65 anni la loro aspettativa è salita a 17,4 anni, mentre le donne possono contare su 21,4 anni. «Questo significa - ha affermato Sassi - che l'Istituto paga mediamente circa cinque anni di pensione in più». Il presidente ha poi ribadito che «il sistema contributivo prevede un legame tra i contributi versati e la pensione che si riceve. È necessario quindi - ha spiegato Sassi - che l'assegno che si riceve tenga conto della durata media della vita della persona e quindi sia calcolato valutando le variazioni della speranza di vita (diminuendone l'importo a parità di uscita dal lavoro se l'aspettativa di vita aumenta)». E sulla revisione dei coefficienti Sassi è drastico: i giovani rischiano di avere un pansione bassa. «La revisione andrebbe fatta ogni tre anni in modo automatico invece che ogni dieci come prevede la riforma Dini». L'Inps ha anche calcolato che nello scalone saranno interessate 190.000 persone. Il dato tiene conto del fatto che circa il 30% dei potenziali aventi diritto al pensionamento per anzianità (e quindi un po' meno di 60.000 persone) decide comunque di restare al lavoro. Quanto alle discussioni su incentivi e disincentivi per aumentare l'età media di pensionamento il presidente dell'Inps ha detto di non crederci. «Non credo nè agli incentivi nè ai disincentivi - ha spiegato - il bonus in busta paga ha funzionato perchè era estremamente appetibile. Incentivi e disincentivi non funzionano. È la storia che lo dimostra. Gli operai di Mirafiori hanno ragione da questo punto di vista».