Il presidente della Camera si schiera con il Prc contro il «sì» alla base Usa di Vicenza

Quello del Consiglio, lo «smemorato». Sulla questione dell'ampliamento della base Usa di Vicenza nel centrosinistra sembrano imperare il «conflitto d'interessi» e l'ambiguità. Il primo riguarda Fausto Bertinotti, che dovrebbe mantenere, sempre e comunque, un atteggiamento super partes. La seconda lambisce Romano Prodi, che ieri ha detto di non «sapere nulla» degli accordi stretti da Berlusconi sulla Ederle. Ma il 26 luglio aveva risposto a un'interrogazione, dimostrando di essere perfettamente a conoscenza dell'argomento. Ma andiamo per ordine. «Il problema in questa fase del mondo è la conquista da parte dell'Europa, e dell'Italia in Europa, di un'autonomia dell'Ue da altre potenze mondiali. Mi pare che l'Europa si stia incamminando su questa strada e ogni atto che va in direzione della pace, compreso quello con cui si impediscono nuove forme di presenza e organizzazione militare, sia una buona cosa», ha affermato ieri Bertinotti al Gr Parlamento, commentando il previsto allargamento della base. E, di fatto, prendendo posizione politicamente con i suoi «compagni» di Rifondazione. Dalla Bulgaria è giunta la replica del premier: «Un problema politico non si pone certo per l'ampliamento di una base militare», ha detto rassicurante. Non contento, poi, ha aggiunto che sulla vicenda il precedente Governo ha tenuto «un iter troppo riservato. Io - ha spiegato il Professore, ribadendo che quella dell'esecutivo è comunque una «decisione finale» - non ne sapevo assolutamente nulla». Che vuole dire Prodi quando sostiene di non essere stato informato. Di che cosa? È certo che sapeva della richiesta Usa, come lo sapevano i suoi ministri. Sono state ben quattro, infatti, le occasioni in cui il governo ha riferito alla Camera sulla questione per rispondere alle interrogazioni dei deputati veneti dell'Unione, che ieri hanno contestato la posizione di Palazzo Chigi, rimproverando appunto all'esecutivo di aver «mentito in Parlamento». La prima interrogazione fu presentata dal capogruppo dell'Udeur Mauro Fabris. Rispose il vicepremier Rutelli il 31 maggio 2006. Il 6 luglio il ministro Chiti replicò a Elettra Deiana e Gino Sperandio (Prc). La terza ebbe come protagonista il capo del governo. Era il 26 luglio e il Parlamento si apprestava a chiudere i battenti per la pausa estiva. Il premier rispose a Severino Galante del Pdci. Spiegò i termini della richiesta americana di riunire a Vicenza tutta la 173/A brigata. «In tale ambito - proseguì - si sottolinea che il precedente governo ha espresso la disponibilità a tale concessione rinviando tuttavia la definizione dell'operazione a uno specifico piano di transizione (al momento in elaborazione), nel contesto dell'accordo tecnico che governa l'uso delle infrastrutture dell'area di Vicenza». L'attuazione del progetto, aggiunse Prodi, «non può prescindere, a parere del governo, dal pieno coinvolgimento delle amministrazioni locali. Non va tuttavia sottaciuto - osservò quindi - che la disponibilità espressa dal precedente governo ha certamente alimentato aspettative nella controparte statunitense sulla possibilità di riunificare la 173/A Brigata. Pur muovendo da queste premesse e presa coscienza della preoccupazione emersa in sede locale, il governo intende riconsiderare con gli Usa il progetto nel suo complesso». E non basta. Il 27 settembre il ministro della Difesa Parisi, rispondendo a tre interrogazioni di Lalla Trupia (Ulivo) e ancora di Galante (Pdci) e Deiana (Prc), assicurò che «con la controparte Usa» non erano «stati sottoscritti impegni di alcun genere». Ora è la sinistra radicale (non la Cdl) a rinfacciargli questa contraddizione: «Sulla base di quali false informazioni, e fornite da chi - ha chiesto ieri Galante con un'ennesima interrogazione a Prodi - il ministro della Difesa è stato indotto a riferire notizie false alla Camera dei Deputati?».