Dalla Finanziaria a oggi il centrosinistra non è riuscito a trovare l'accordo su nulla
Romano Prodi ha usato tutte le occasioni ufficiali per «tirare le orecchie» ai suoi ministri. Prima la conferenza stampa di fine anno. «Il disegno di un'Italia più giusta, dinamica e forte va colorato con tre qualità indispensabili: coraggio, coesione e generosità». Che, tradotto, vuol dire: niente riforme senza unità. Poi il conclave casertano. «È il paradosso della vita di questo Governo in questi mesi: comune nelle decisioni, ma fortemente diversificato nella comunicazione». Cioè, è giunto il momento di cambiare metodo. Non è servito a niente. Dall'approvazione della Finanziaria ad oggi la coalizione di governo non è riuscita a trovare un solo tema su cui essere d'accordo (basterebbe vedere cosa sta accadendo sul possibile ampliamento della base Usa di Vicenza). Così, ad esempio, ieri la maggioranza si è presa la libertà di bocciare gli emendamenti presentati dal ministro della Famiglia Rosy Bindi sul provvedimento che darà la possibilità di trasmettere ai figli anche il cognome della madre. Il ministro chiedeva che venissero trasmessi al nascituro i cognomi di entrambi i genitori. La commissione Giustizia di Palazzo Madama ha, invece, optato per una versione più soft proposta dal presidente e relatore del testo Cesare Salvi (Ds), che introduce la libertà di scelta. Così i genitori potranno decidere se trasmettere il cognome del padre, della madre o di entrambi i genitori. E anche se il ministro, che ha lasciato la commissione dopo la bocciatura per «altri impegni istituzionali», tende a minimizzare la sconfitta (pur sottolineando che si tratta di un «passo troppo timido»), è chiaro che si tratta dell'ennesimo sgarbo. Uno sgarbo che si aggiunge ai conflitti irrisolti che continuano ad agitare governo e maggioranza. In cima alla lista c'è ovviamente il tema della coppie di fatto. Sempre ieri, la commissione Giustizia del Senato ha rinviato alla prima seduta utile di febbraio la discussione dei disegni di legge presentati. E, mentre la Bindi e Barbara Pollastrini provano a trovare una sintesi per redarre un testo unico del governo, la tensione resta alta. Tanto che, a questo punto, l'obiettivo della maggioranza sarebbe quello di riuscire a presentare una mozione unitaria evitando l'iniziativa del governo e favorendo, invece, il lavoro del Parlamento. In questo modo Udeur e teodem della Margherita (che anche ieri hanno chiesto a Prodi di «rispettare il programma»), liberi da vincoli, potrebbero sposare eventuali maggioranze trasversali nate in Aula. Una cosa è certa, al momento, riuscire a scrivere una mozione unitaria appare un'utopia. Anche perché il capogruppo dell'Udeur alla Camera Mauro Fabris ha già annunciato che il partito presenterà una propria mozione, auspicando che questo testo possa essere condiviso «da altre forze o singoli parlamentari che hanno gli stessi nostri orientamenti». Tutte da giocare sono anche le partite che riguardano pensioni e infrastrutture. Due temi che rendono evidente come la frattura tra riformisti e radicali, in seno al governo, sia tutt'altro che «caricaturale». Sulla previdenza l'esecutivo è in una situazione di stallo. Ds e Margherita continuano a chiedere una riforma necessaria e l'innalzamento dell'età pensionabile. Ma sinistra radicale e sindacati non ne vogliono sapere. In mezzo, il ministro Cesare Damiano, che si divide tra un attacco al governo precedente («la revisione dei coefficienti toccava a Maroni») e un tentativo di placare gli animi («Si procederà a una manutenzione del sistema previdenziale, ma solo in seguito a un confronto con le parti sociali»). Per quanto riguarda le infrastrutture, invece, il nemico pubblico numero uno della maggioranza resta il ministro competente Antonio Di Pietro. Emma Bonino lo ha duramente criticato per la mancata fusione tra Autostrade e Abertis. Alfonso Pecoraro Scanio e i Verdi hanno iniziato con lui un vero e proprio braccio di ferro sul tema della grandi opere e della Tav. L'ex pm, per niente preoccupato, continua per la sua strada e, anzi, si dichiara pronto a lasciare il g