LA RICETTA del fronte dei riformisti non va giù alla sinistra estrema mentre anche i sindacati si mettono di traverso.
Così ieri mentre il ministro Damiano e i parlamentari riformisti dell'Ulivo tracciavano le coordinate entro cui muoversi per intervenire sulla previdenza, Rifondazione, Comunisti e Verdi alzavano di nuovo le barricate. A loro si sono aggiunti i sindacati che hanno subito rispedito al mittente l'ipotesi di Damiano di una revisione dello scalone. Insomma se lo strumento deve essere quello della concertazione tra le forze della maggioranza e tra queste e i sindacati, la strada si preannuncia in salita da subito. Rifondazione ha già annunciato che domani presenterà la «sua» riforma dellepensioni di cui ieri Maurizio Zipponi, responsabile economia del partito ha fornito qualche anticipazione. «Si tratta di tornare a 57 anni con 35 di contributi per il lavoro operaio, quanto all'eventuale aumento dell'età non può avvenire che sulla base di una scelta volontaria». Rifondazione ha ribadito la bocciatura ai disincentivi e indicato le linee guida di questa iniziativa riformatrice: mantenere la parola data agli elettori con il programma dell'Unione, abolizione dello scalone, aumento delle pensioni minime, rivalutazione delle pensioni in essere e contrarietà a qualsiasi riduzione dei coefficienti per il calcolo». Rincara la dose il segretario di Rifondazione Franco Giordano: «Io sto a quanto deciso comunemente e unitariamente a Caserta». Quindi «il problema non siamo noi». Io, dice il segretario del Prc, «difendo a spada tratta la positività di quel vertice, in cui non ci sono stati nè vinti nè vincitori, ma è uscita un agenda comune che sulle pensioni non prevede penalizzazioni e disincentivi, ma un investimento forte per sbloccare il Paese». Incalzano anche i Comunisti e i Verdi. Il segretario dei Comunisti Oliviero Diliberto avverte: «Io sto a quanto deciso comunemente e unitariamente a Caserta. Quindi il problema non siamo noi». Io, dice il segretario del Prc, «difendo a spada tratta la positività di quel vertice, in cui non ci sono stati nè vinti nè vincitori, ma è uscita un agenda comune che sulle pensioni non prevede penalizzazioni e disincentivi, ma un investimento forte per sbloccare il Paese». Polemiche anche dai sindacati. La gradualità sullo scalone indicata da Damiano è stata subito bocciata dalla Cgil. Lo scalone che innalza l'età per andare in pensione, dice il segretario generale Guglielmo Epifani, «ha implicazioni che scardinano la riforma Dini. Per noi va abolito». «È la prima cosa che continueremo a chiedere al governo e su questo - ha proseguito - non scherziamo. Il governo lo deve sapere. Abbiamo scioperato contro il governo di centro destra e per questo non possiamo immaginare oggi che il gradone rimanga». Più aperta, ma ugualmente ferma, la posizione della Cisl: «per noi coefficienti e disincentivi sono fuori discussione. Siamo altresì disponibili, sul tema dell'età pensionabile, a discutere di formule flessibili incentivanti», ha detto il segretario confederale Pier Luigi Baretta, secondo il quale, «se il superamento dello scalone ha un peso in termini di costi, siamo pronti a discutere formule alternative che possano consentire di mantenere grosso modo inalterati i costi stessi. Ma - ha messo in chiaro - superare lo scalone, aumentare le pensioni degli anziani e coprire i buchi previdenziali dei giovani sono per noi priorità irrinunciabili». Anche dall'Ugl arriva una richiesta di chiarimento: nel programma dell'Unione, afferma il segretario generale, Renata Polverini, «ci sono impegni precisi a partire dall'abolizione dello scalone: si tratta di capire una volta per tutte se intende mantenerli oppure no». L.D.P.