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dall'inviato CASERTA — Voleva essere il Manifesto di Caserta.

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E come Spinelli sognava la nuova Europa libera, Romano Prodi sognava la nuova Italia, la sua. Finito il consiglio dei ministri ieri mattina, il premier ha tirato fuori dal cassetto il documento bello e pronto, già scritto. L'aveva fatto preparare nei giorni scorsi in gran segreto da due fidatissimi collaboratori, Giulio Santangata (che è ministro dell'Attuazione del programma) ed Enrico Letta (come lo zio sottosegretario alla presidenza del consiglio). Quel testo, però, ai partiti - soprattutto Ds e Margherita - è sembrato subito un po' eccessivo. Un manifesto tutto del premier è suonato subito bruttino. E i due principali partiti della coalizione, si sa, non vedono di buon occhio l'eccessiva autonomia del Professore, il suo agire senza consultare. Non potevano accettare la nuova sfida, un documento tirato fuori all'ultimo istante, un programma tutto suo e di cui nessuno sapeva nulla. E così hanno cominciato a bocciarlo nel modo classico: emendandolo. Così ognuno ha voluto aggiungere qualcosa sino al punto che quel manifesto era diventata una minestra irricevibile. Padoa Schioppa è sbottato: «Eh no, così non va. Non serve a nulla. Allora anche io chiedo di inserire le pensioni!». Apriti cielo. Rutelli s'è appartato in un angolo con Letta. Hanno parlottato i due. E alcuni minuti più tardi il ministro Paolo Gentiloni, che non a caso è un esperto di comunicazione e di comunicazioni, ha proposto di non chiamarlo più «manifesto», bensì «agenda». La differenza non è più solo di una parola. Perché il manifesto sarebbe stato di Prodi, l'agenda è di tutti, di tutto il governo. Ma è passata a maggioranza questa seconda ipotesi, e il documento è stato ancora integrato dalle richieste di tutti. Alla fine, quando il premier si è presentato in conferenza stampa, non sapeva più nemmeno lui che cosa c'era in quelle pagine. Ha cominciato a leggerlo con parole incerte, una voce confusa come confuso era l'intero testo che aveva perso tutto il suo abbrivio iniziale. Niente, non c'è niente da fare: l'Unione non riesce a mettersi d'accordo nemmeno su un manifesto. Il suo, quello del suo leader. F. D. O.

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