Il dibattito

Ed è per una modifica che passi attraverso la via parlamentare. In realtà, si tratta solo di un minimo comun denominatore. Alcune differenze restano. E riguardano il diverso approccio che i partiti della Cdl hanno nei confronti del referendum. Chiuso quello della Lega Nord. Dialogante quello di Forza Italia. Aperto quello di An. Sicchè i partner del centrodestra hanno trascorso l'interna giornata di ieri a incartarsi tra incontri bilaterali e dichiarazioni alla stampa. Nove del mattino. Palazzo dei gruppi parlamentari. Gli uomini di Berlusconi incontrano il ministro Chiti. Riunione formale. Frasi d'occasione. Sandro Bondi fa sapere all'interlocutore governativo che il partito è sì «disponibile al dialogo» sulla legge elettorale, ma le priorità dei cittadini sono altre. Neanche il tempo di salutare il ministro che arrivano i leghisti Bobo Maroni e Roberto Calderoli. Il vertice dura un'oretta. Al termine FI annuncia l'accordo raggiunto. Ma il capogruppo della Lega è insoddisfatto: «Gli azzurri non abbandonano il progetto referendario». La via crucis del Carroccio non è finita. Ora la delegazione si sposta di un piano per incontrare quelli di An. Stessa storia. Gli alleati trovano la quadra su una riforma del sistema elettorale che passi attraverso il Parlamento. Ma, informa una nota, «rimangono diverse le valutazioni sui quesiti referendari». Ignazio La Russa prova a sparigliare. Propone agli alleati una modifica alla legge attuale. Un misto di liste bloccate e preferenze. Reazioni tiepide. L'alternativa sarebbe il «tatarellum». Ma senza doppio turno, perché — come sostiene ancora La Russa — «gli italiani non vanno a votare due volte. Si presenterebbe un problema di democrazia». Il sistema regionale piace un po' a tutti. Per importarlo su scala nazionale, però, è necessaria una riforma costituzionale. Intanto il duello tra Lega e Forza Italia prosegue a distanza. In serata Maroni attacca ancora gli alleati: «Siano chiari sul referendum o andiamo da soli alle amministrative». Ciò proprio mentre Bondi e i suoi incontrano il professor Guzzetta, ideatore dei quesiti referendari. In via dell'Umiltà c'è imbarazzo. Poi però, l'esigenza di ricucire con i leghisti spinge il partito a un ulteriore chiarimento. «Le personalità di FI che hanno aderito al comitato referendario l'hanno fatto a titolo personale», taglia corto un comunicato. Alla fine della giornata è Umberto Bossi in persona che tranquillizza i suoi. Ha la parola d'onore di Berlusconi che sulla legge elettorale si deciderà tutti insieme.