dall'inviato FABRIZIO DELL'OREFICE CASERTA - Sembra una postilla.
Già pensano agli interventi che verranno dopo, ai temi da affrontare. E proprio in quel momento arriva la scintilla che accende la fiammata. Perché a molti pare una vera bacchettata. Prodi sta parlando da quasi mezz'ora, legge stancamente il suo intervento a porte chiuse al seminario con i ministri e i segretari di partito. Si sta avviando alla conclusione quando attacca il capitolo dell'etica, «un grande valore per la crescita». «Dobbiamo trasmettere l'idea di un governo serio - spiega il premier ai suoi ministri -, di lavorare negli interessi del Paese anche se questo può implicare sacrifici o rinunce da parte di ciascuno di noi». E aggiunge: «Questo significa anche centralità nel merito all'interno della Pubblica amministrazione, nel Paese, anche nei comportamenti della maggioranza». Dunque arriva il richiamo forte: «Quando dobbiamo selezionare persone per responsabilità da ricoprire, vi supplico di mettere il merito professionale specifico per il ruolo a cui viene chiamata una persona come metro di decisione questa sarà la più grande differenza dal governo precedente». Pum, una botta nei confronti dei ministri, di tutti i ministri. Basta fannulloni. Ma basta anche incompetenti, incapaci, gente senza curriculum. Basta. Prodi non lascia capire se la sua condanna è rivolta anche alle prime nomine effettuate dai ministri per i dicasteri di loro competenza. Non lo dice ma molti così intendono. Anche se poco più avanti il premier prova a rassicurare ammonendo: «Abbiamo ereditato persone che hanno responsabilità di enti di cui non sanno assolutamente nulla. Guai se commettiamo lo stesso errore». Avverte di essere sommerso da lettere di protesta su questi temi, visto che quasi tutte le missive che riceve «non sono sulla propria miseria ma sul confronto rispetto ai privilegi e se non abbiamo il coraggio di tagliarne qualcuno non avremo la legittimità di cui abbiamo bisogno come governo riformista». Ricorda ancora: «Questo non è radicalismo, perché noi vent'anni fa protestavamo perché il rapporto di stipendio fra il lavoratore e il capoazienda era uno a venti; adesso è uno a 400 e nessuno dice nulla». Ma non è l'unico monito alla coalizione. Anzi, avverte Prodi, il centrosinistra «si è presentatO come una polifonia poco armonica, spesso cacofonica, perché nella comunicazione ciascuna delle componenti ha accentuato o spesso è stata costretta ad accentuare gli elementi identitari e gli aspetti che la differenziano dalle altre componenti». Per il premier «si sono attivate le forze centrifughe non nelle decisioni, ma nella comunicazione e nell'immagine». «È il paradosso della vita di questo governo in questi mesi: comune nelle decisioni ma fortemente diversificato nella comunicazione», analizza il capo del governo. Che avverte: «La nostra coalizione rischia di entrare in una spirale perversa e nella quale appare capace di prendere solo decisioni impopolari». Il Professore ammette errori, confessa gli sbagli. Cede e dice apertamente di essere in deficit di popolarità, sebbene corregga e dica che vi è anche un sovraccarico nel giudizio negativo degli elettori. Propone di ridurre i costi della politica, condanna gli eccessi di stipendi ai consiglieri regionali, comunali, membri di commissione ma chiede una nuova authority per i trasporti. Infine guarda ai prossimi mesi, prova ad elencare le priorità. Si comincia da «risorse umane-scuola-ricerca-sviluppo», con l'implementazione della scuola tecnica e l'assunzione di nuovi ricercatori. O lo sviluppo delle infrastrutture, più mercato per i cittadini, la tutela del consumatore, la riorganizzazione della Pubblica amministrazione. Dunque, l'ambiente (citato ripetutamente), i giovani e le donne. Tre i ministri che hanno ricevuto menzione: Di Pietro, D'Alema e Nicolais.