Nell'Unione cresce lo scetticismo sul conclave della «svolta»
L'inizio della Fase Due. La messa a punto del programma unionista e il lancio delle riforme. Invece il conclave in programma a Caserta per domani e venerdì si è già trasformato prima ancora di cominciare in un drink annacquato, in un minestrone di rivendicazioni eterogenee e spesso contrapposte. Dopo la cena «interministeriale» organizzata lunedì sera da Prodi, ieri il premier ha convocato a Palazzo Chigi Giuliano Amato, Antonio Di Pietro, Alessandro Bianchi e Giovanna Melandri. E se i tentativi di riappacificazione del professore hanno giù avuto come effetto dichiarazioni concilianti di Francesco Rutelli («Niente strappi perchè quello che conta è uscire di lì con un'agenda di priorità, concentrata sulla crescita, che abbia tempi ben definiti») e un'attenuazione di vis polemica da parte di Clemente Mastella («Io dico solo una cosa: Caserta è vicina a Teano...»), nell'Unione cresce lo scetticismo sulle possibilità che l'incontro produca i risultati sperati. Da più parti, nella maggioranza, si invita a non coltivare aspettative irrealistiche circa gli esiti del «seminario» aperto a ministri e capi di partito. Tra le voci più disincantate spicca quella del ministro per le Politiche europee Emma Bonino. «Non ho nessuna aspettativa su Caserta, non occorre una lista della spesa delle riforme. Ne abbiamo già due in Parlamento super buone, e cioè il ddl Bersani e il ddl Lanzillotta». Per la Bonino «il vero problema» è che le riforme «non vengono calendarizzate perchè una parte della maggioranza ha detto chiaramente che non se ne parla». E non potrà essere una riunione come quella convocata a Caserta a sbloccare l'impasse, considerato come «l'ala riformista all'interno della coalizione sia minoritaria». Il più alto tasso di scetticismo (come testimoniano le cautissime previsioni di Fabio Mussi e Cesare Salvi) riguardo ai possibili scenari del dopo-Caserta si registra comunque nelle file dei Ds, sempre più a disagio nel conciliare le ragioni di partito a quelle dell'appartenenza alla coalizione e al governo. Una condizione che diverrebbe difficilissima da gestire, per la segreteria della Quercia, qualora il test delle elezioni amministrative desse un risultato negativo. A dipingere un fosco quadro d'insieme provvede Peppino Caldarola, esponente dell'anima «demo-scettica» della Quercia che al congresso si ritroverà sotto le insegne della cosiddetta «terza mozione». «C'è una straordinaria confusione che non credo il conclave possa risolvere: mi pare essere - rileva Caldarola - più un evento molto debitore di un effetto mediatico mentre generalmente, quando le forze politiche hanno bisogno di raccogliere idee e fare proposte, cercano luoghi più riservati di un reggia, e senza un clamore accompagnato tra l'altro più da un tintinnare di sciabole che da un fermento di idee». Il deputato ulivista ricorda che «il tema è la definizione elementare di un'agenda che preveda contenuti e tempi. Se non si svolge su questo rischiamo il teatrino». Caldarola, infine, sottolinea che un esito negativo delle elezioni «sarebbe una sconfitta di una politica, di una scelta strategica e porrebbe il tema di un cambiamento profondo nell'asse, nella strategia e forse anche nella guida della sinistra».