Due canali tv finanziati dal canone
Uno dalla pubblicità
Prende forma la «Rai che verrà» quella targata Gentiloni. Il ministro delle Comunicazioni del governo Prodi ha annunciato, ieri, che entro marzo presenterà un ddl di riforma dell'azienda di Viale Mazzini illustrando già le linee guida del nuovo assetto organizzativo. Gentiloni prefigura la creazione di tre distinte società operative, all'interno di una Rai che resta però, di proprietà pubblica «come prevede il programma dell'Unione»: una società che gestisce gli impianti della rete, una a prevalente finanziamento pubblico, una finanziata esclusivamente dalla pubblicità. «Bisogna dare alla Rai regole di funzionamento tipiche di un'azienda»: è questo il primo obiettivo di Gentiloni. «La prima scelta - ha spiegato il Ministro - è quella della nascita di una Fondazione che diventa azionista della Rai». Così a suo avviso «si supera l'anomalia della Rai posseduta dal governo, come è accaduto negli ultimi due anni, per garantire l'autonomia». La Fondazione «nomina i vertici, difende l'autonomia, verifica l'attuazione del contratto di servizio e l'applicazione delle norme della Vigilanza». Una fondazione molto simile, insomma, a quella che governa la tv spagnola. Per il vertice della Fondazione «l'ipotesi principale» è uno schema in cui «il Cda è composto da sei membri più il presidente, e in cui i candidati vengono vagliati - ha spiegato Gentiloni - dal Parlamento con un sistema di hearings. Due dei sei candidati sono espressi dalle Regioni. Il Cda, come il presidente, vengono nominati con un voto a maggioranza di due terzi. Il Cda dura in carica sei anni, ovvero ha una durata diversa dalla legislatura che ne garantisce l'autonomia, e ogni due anni viene rinnovato per un terzo». Quanto al presidente «potrebbe scaturire dall'indicazione congiunta dei presidenti di Camera e Senato». La Fondazione, dicevamo, farà capo a tre società Rai con altrettanti Cda, una per la gestione della rete e due per il prodotto. Di queste ultime, una finanziata prevalentemente dal canone e l'altra dalla pubblicità. La prima società - quella che gestisce gli impianti della rete - dovrà nascere riprendendo «il percorso avviato sei anni fa con l'intesa RaiWay-Crown Castle. Nel medio periodo potrebbe proporsi anche una separazione proprietaria e non solo societaria anche per favorire intese tra diversi operatori di rete nei quadro della transizione dalla tv analogica a quella digitale». Una seconda società sarebbe la Rai Pubblica, «società a prevalente finanziamento pubblico. Nella fase di avvio potrebbero far capo due canali tv generalisti (la scelta spetterà all'azienda ma si parla di Rai Uno e Rai Tre) gli archivi Rai, più diversi canali tematici e la produzione Rai per tutte le piattaforme digitali (terrestre, satellitare e Iptv) nelle quali andrà assicurata la presenza autonoma e gratuita del servizio pubblico». Infine una terza Rai Commerciale: «La società finanziata solo dalla pubblicità. A essa potrà far capo nella fase di avvio una rete generalista con indici di affollamento allineati a quelli delle tv commerciali a cui potranno riferirsi altre offerte commerciali, incluse quelle pay». La presenza di una società interamente finanziata dalla pubblicità non apre necessariamente le porte a una sua privatizzazione: «Ovviamente tale società non potrebbe però ricevere anche le risorse del canone. Pensiamo all'inglese Channel 4, una tv pubblica interamente finanziata dagli spot». L'importante, secondo Gentiloni, «è garantire una più chiara separazione tra ciò che è finanziato dal canone e ciò che è basato sugli introiti pubblicitari e creare le condizioni per eliminare l'eccessiva dipendenza del servizio pubblico dalla pubblicità». Spetterà inoltre alla Fondazione decidere l'eventuale societarizzazione di altri rami d'azienda: Gentiloni, per esempio, vedrebbe con favore quella della radio, «per garantirle maggiore autonomia, anche grazie a una quota garantita di canone» ma anche Sipra, Rai Cinema, New Media ecc.