E Fini si prepara alle elezioni di primavera

La legge elettorale da cambiare, meglio se con l'ausilio del referendum. Le amministrative da vincere per mandare a casa Prodi. I congressi provinciali del partito. L'agenda 2007 di Gianfranco Fini è fitta di appuntamenti. Il leader di Alleanza Nazionale l'ha sfogliata per la prima volta ieri. Giunto a via della Scrofa dopo le vacanze natalizie, con abbronzatura color mattone e postumi del jet lag, Fini s'è rimesso al lavoro. Ha trascorso l'intera giornata blindato nel suo ufficio, alternando appuntamenti e colloqui telefonici. Uno per uno, ha contattato tutti i colonnelli. Andrea Ronchi, Altero Matteoli, Ignazio La Russa, Adolfo Urso. Oggi, invece, vedrà Maurizio Gasparri e Gianni Alemanno. L'ex ministro degli Esteri ha voluto fare un veloce punto della situazione con i suoi uomini. Pochi minuti dedicati all'attualità politica e ai fatti di partito. Li rivedrà tutti insieme giovedì, giorno in cui è convocato l'esecutivo politico di An. Nel corso del pomeriggio Fini avrebbe avuto anche un colloquio telefonico con Silvio Berlusconi. Al centro della conversazione due temi: la federazione di centrodestra e la legge elettorale. Quanto alla Fed, gli alleati si sarebbero trovati d'accordo sulla necessità di serrare i tempi. Convince l'idea di una cabina di regia per le decisioni politiche più importanti. Novità da introdurre subito insieme a un maggior coordinamento tra i gruppi parlamentari. Circa la legge elettorale, il Cavaliere avrebbe rassicurato il presidente di An sul bipolarismo. Principio che Forza Italia considera imprescindibile. E che, anche in caso di trattative con la sinistra, mai e poi mai sarà messo in discussione. Il senso delle parole di Berlusconi avrebbe tranquillizzato Fini. Nessun rischio di inciucio, quindi. Tuttavia, quando si parla di riforma elettorale, l'ex ministro degli Esteri continua a preferire la via referendaria a quella parlamentare. Fini ha messo in guardia i suoi sulla pericolosità della via del dialogo. In via della Scrofa c'è chi paventa il rischio di una spinta trasversale che lavori per il grande centro e metta in un angolo la destra. «Perciò — ha spiegato il leader di An ai colonnelli — sosteniamo il referendum. D'altronde il premio di maggioranza al partito e non alla coalizione agevola il percorso del bipartitismo, che poi è il nostro obiettivo». È anche per questo motivo che la destra tiene un piede ben saldo dentro il comitato promotore del referendum. Fini ha spedito due suoi delegati in rappresentanza del partito. Si tratta del senatore Filippo Berselli e del sindaco di Lecce, Adriana Poli Bortone. Più del referendum, però, interessano le elezioni amministrative di primavera. Mai come stavolta i leader del centrodestra legano il destino politico della coalizione all'esito del voto locale. È loro convinzione, infatti, che la crisi del governo Prodi può arrivare da una sconfitta alle elezioni di medio termine. Non per effetto di una spallata, quindi, ma per implosione interna. I sondaggi, gli stessi che vedono colare a picco i partiti della maggioranza, danno il centrodestra in netta crescita. È per questo che proprio stavolta Fini e Berlusconi non tollereranno errori nella scelta delle candidature. Il tavolo nazionale si riunisce giovedì. Vi siedono Denis Verdini, Aldo Brancher e Cosimo Ventucci di Forza Italia; Maurizio Gasparri e Giovanni Collino di Alleanza Nazionale; Roberto Calderoli della Lega Nord; Michele Tucci e Armando Dionisi dell'Udc. A loro il compito di porre il sigillo sulle scelte dei candidati sindaci. Salvo i casi più critici, che saranno risolti in prima persona dai leader della coalizione.