Il presidente del Senato rilancia il dibattito
Chiede che non sia una semplice sommatoria di partiti. Che si parli meno di procedure e più di contenuti. E sbarra la strada all'ingresso nel Pse, perchè «a un giovane cattolico che frequenta la parrocchia o è impegnato nel volontariato non si può chiedere di diventare socialdemocratico». Un appello ai dirigenti dell'Ulivo affinchè mettano da parte incomprensioni ed egoismi, quello del presidente del Senato, che ha rilanciato il dibattito sulla futura «cosa» di centrosinistra ma finora ha avuto solo replice critiche. L'obiettivo di Marini è chiaro: «Colmare la crescente distanza tra cittadini e politica». L'ex segretario del Ppi spiega che «l'economia sta dando segnali di ripresa, i giovani scalpitano per trovare un ruolo da protagonisti nel Paese. E mentre ai piani alti si continua a parlare di declino, il Censis ha fotografato in questi giorni un paese dinamico». La politica, invece, «è ferma al palo, frenata dalla transizione incompiuta, iniziata con la caduta del muro di Berlino e con la crisi dei grandi partiti della prima Repubblica». Anche per queste ragioni per la seconda carica dello Stato è necessario accelerare le procedure per la nascita del Pd. «Ecco un'altra ragione per non fermarsi - sottolinea - Tutto il sistema risentirà degli effetti di questa operazione; ne troverà giovamento anche lo schieramento di centrodestra. E ne beneficerà anche il bipolarismo, grazie al quale in questi anni si è assicurata stabilità di governo al Paese». Marini, però, denuncia il persistere di dubbi e resistenze: «Ascolto ancora - dice - troppi se e troppi ma tra i nostri dirigenti». Sui dissensi e sul rischio di scissioni, la seconda carica istituzionale dello Stato si augura che questo non avvenga: «Io non vorrei perdere nessuno. Ed è nostro compito convincere tutti, con pazienza e saggezza. Ma se qualcuno si era illuso che avremmo fatto una passeggiata primaverile, si è illuso», precisa. Sulla leadership del Pd, infine, Marini puntualizza. «Stiamo camminando concordemente con Prodi leader. Certo, l'operazione comporterà nel futuro forti innovazione nei gruppi dirigenti. Serve uno scatto di generosità da parte di tutti: c'è bisogno di forze nuove, anche perchè non mi pare scarseggino nell'area dell'Ulivo». Se Prodi ritiene quella di Marini una «giusta» sollecitazione e sottolinea che «non si può che accogliere con soddisfazione» questo invito in un'ottica bipolare, una risposta polemica all'appello è giunta da Ds. «Capisco le difficoltà della Margherita ad entrare nel Pse ma Marini deve capire le difficoltà dei Ds ad uscirne. È un problema non risolvibile», afferma il deputato della Quercia Peppino Caldarola, che non nasconde il suo scetticismo sulla possibilità di costruire il nuovo partito e parla di «paletti legittimi non rimovibili. A meno che - aggiunge Caldarola - i Ds non rinuncino alla loro identità». E riguardo all'osservazione di Marini che «perdere pezzi è un rischio» che sia i Ds sia la Margherita devono affrontare, Caldarola osserva che per Fassino «non si tratterebbe solo di pezzi» vista la consistenza della sinistra Ds. Da parte sua, Valdo Spini, membro dell'ufficio di presidenza della direziona nazionale dei Ds, chiede «al presidente D'Alema e al segretario Fassino di sospendere il processo di costruzione del Partito Democratico fino a quando non venga chiarita la sua collocazione europea ed internazionale». Per quanto riguarda l'ingresso nel Pse, Spini risponde che «negli altri paesi europei questo può accadere e non mi sembra positivo ritenerlo impossibile per l'Italia, dove del resto è accaduto e accade già in molti casi». Insomma, per ora, ad andare avanti è solo la polemica. E il futuro del Pd resta incerto e nebuloso.