Lo studio
Partendo dal presupposto, ispirato al più concreto realismo politico, che i tanti partiti minori rivitalizzati dal cosiddetto «porcellum», come è stata definita la legge in vigore, non avalleranno mai una riforma parlamentare che ripristini il sistema dei collegi uninominali in un quadro maggioritario. È in sostanza ciò che propone il pacchetto di sei correzioni mirate ipotizzato da Roberto D'Alimonte, docente di Sistema politico italiano nel corso di laurea in scienze politiche all'Università di Firenze. Si tratta di modifiche verso le quali sia il ministro delle Riforme Vannino Chiti qualche settimana fa, sia il coordinatore di Forza Italia Sandro Bondi ieri oggi hanno mostrato interesse e apprezzamento. E che potrebbero rivelarsi forse l'unica alternativa valida al percorso referendario nel momento in cui né il sistema proporzionale alla tedesca, né il doppio turno alla francese sembrano in grado di aggregare consensi bipartisan sufficientemente robusti. Vediamo nel dettaglio in che cosa consistono le sei correzioni chirurgiche proposte da D'Alimonte. 1) Assegnazione del premio di maggioranza a livello nazionale anche al Senato. Il dettato costituzionale sarebbe salvaguardato dal fatto che i singoli senatori rimarrebbero eletti su base regionale. 2) Voto a diciotto anni di età anche per il Senato. Eviterebbe il rischio di due maggioranze anagrafiche diverse nei due rami del Parlamento e abolirebbe una norma elettorale che non esiste in nessun'altra democrazia avanzata. 3) Includere nel computo dei voti per assegnare il premio di maggioranza alla Camera dei deputati anche quelli della Val D'Aosta. 4) Abolizione della possibilità di candidatura multiple in più circoscrizioni elettorali. Si ridurrebbe così drasticamente l'eventualità (verificatasi molto spesso dopo il voto del 9-10 aprile 2006) che il gioco delle opzioni porti in Parlamento candidati che in realtà sono stati implicitamente bocciati dagli elettori nella lista bloccata che è stata loro sottoposta. 5) Non conteggiare ai fini del premio di maggioranza, sia alla Camera che al Senato, i voti delle liste che non hanno superato la soglia di sbarramento (2 per cento a Montecitorio, 3 per cento a Palazzo Madama). 6) Togliere alle oligarchie dei partiti l'attuale potere di nomina dei parlamentari.