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E Fassino si autoinvita a Caserta

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Prodi costretto a rivedere il programma: il segretario Ds voleva esserci

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Proteste. E mediazioni. I leader del centrosinistra sono stati alle prese con un drammatico problema. La pena di morte? Noooo. Le tasse e la crescita? Noooo. O forse come far arrivare le famiglie e fine mese? No, nemmeno questo. La questione che ha bloccato governo e coalizione è stata una e una sola: che fare di Piero Fassino? Sì, Fassino, quello lì. Quello che fa il segretario dei Ds. Qual è il problema? Il problema è che per il vertice di Caserta Romano Prodi voleva solo un consiglio dei ministri straordinario. Significa che potevano intervenire solo i titolari dei dicasteri. Una riunione ristretta e soprattutto operativa. Insomma, non un parlatorio, ma due giorni fitti per decidere. A Fassino questa scelta non è piaciuta. Perché sarebbe stato di fatto l'unico escluso. Fanno parte del governo tutti gli altri leader di partito: c'è Rutelli della Margherita, Pecoraro Scanio dei Verdi, Mastella della Giustizia, Di Pietro di Italia dei Valori, la Bonino della Rosa nel Pugno. Mancano in verità Diliberto (Pdci) e Giordano (Rifondazione comunista); ma evidentemente si fidano dei loro rappresentanti Bianchi e Ferrero. Il capodelegazione nell'esecutivo dei Ds è Massimo D'Alema, niente spazio per Fassino. E Fassino non l'ha digerita: vengo anch'io, no tu no. E ha protestato. Una, due, tre volte. Finché alla fine è stato che anche i segretari di partito parteciperanno al conclave governativo di Caserta. Lo ha deciso Romano Prodi al termine di una giornata di lavoro a Bologna con il ministro per l'Attuazione del programma Giulio Santagata e con il titolare dell'Economia Tommaso Padoa-Schioppa. Diversi anche i contatti telefonici del premier con i leader alleati. In realtà il pressing era cominiato nelle scorse settimane. Le obiezioni dei Ds erano chiare: è difficile, era il ragionamento, trovare un'intesa sulla riforma previdenziale o sulle liberalizzazioni ad un tavolo al quale non siedono i leader di Rifondazione comunista o dei Comunisti italiani. Un'obiezione che era sembrata ragionevole anche a diversi ministri. E che deve aver fatto breccia anche nelle riflessioni del presidente del Consiglio. Allora giovedì undici gennaio il tavolo verrà allargato ai segretari, mentre il giorno successivo toccherà solo al governo. A Caserta dovrebbe tenersi un vero e proprio Consiglio dei ministri. Lo schema e l'ordine dei lavori devono ancora essere messi a punto e lunedì o martedì dovrebbero riunirsi, per definire il programma, Prodi, Santagata, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Vannino Chiti e Silvio Sircana, portavoce del premier. In ogni caso Prodi si presenterà con le priorità indicate nella conferenza stampa di fine anno: dalle liberalizzazioni all'aggiustamento della riforma previdenziale. Tutti gli altri arriveranno con le loro proposte. «A Caserta si va con fogli bianchi», ama ripetere il premier. «Sono giorni di sguardi generali - dice Prodi al termine del pomeriggio di lavoro con Santagata e Padoa-Schioppa - lavoriamo per lo sviluppo, stiamo guardando al futuro. Non abbiamo discusso di singoli capitoli, ma di una strategia complessiva di sviluppo». La scelta di allargare il conclave di Caserta ai segretari viene accolta positivamente dagli alleati. Al Botteghino, però, gli uomini più vicini a Fassino fanno sapere di non essere affatto stupiti per la partecipazione del leader del principale partito della coalizione: «Per noi - osservano - la presenza dei segretari era scontata. Altrimenti non sarebbe stato un vertice plenario per decidere l'agenda delle riforme, ma un semplice Consiglio dei ministri».

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