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di MARZIO LAGHI IL CENTROSINISTRA, a parte i suoi «cespugli» radicali e i Verdi, è compatto nel cercare ...

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Ma è una compattezza solo verso l'esterno. Al suo interno, tanto per cambiare, la coalizione «unionista» è divisa sugli strumenti per giungere alla riforma e anche sulla formula da adottare nel nuovo sistema elettivo. In realtà, dietro questa formale e apparente non condivisione dei modelli si nasconde la difesa di interessi che vedono da un lato i «grandi», come Quercia e Dl, e, dall'altro, i «piccoli», come Prc, Verdi, Udeur e Pdci. In ballo non c'è solo un nuovo sistema di voto. C'è lo scenario del dopo-Prodi, nel quale naturalmente i partiti di Fassino e Rutelli farebbero la parte del leone. Il dibattito, dunque, procede su argomenti che servono per discutere di cose non dette. Per quanto riguarda lo strumento» da utilizzare per raggiungere l'obiettivo, l'alternativa è tra il referendum e il lavoro parlamentare. Poi c'è il problema del sistema di voto. Schierati per il doppio turno alla francese ci sono Ds e Margherita. Che vogliono il doppio turno se uno dei due candidati «unici» non supera il 50% dei consensi. Lo Sdi chiede invece l'elezione diretta del premier e del Parlamento con il proporzionale, posizione giustificata dal timore di soccombere con un maggioritario «puro». I Verdi, pur avendo raggiunto nelle ultime elezioni soltanto il 2,3%, optano per il sistema tedesco con sbarramento al 2,5%. E lo stesso discorso vale per Rifondazione comunista. I Radicali, poi, puntano sull'uninominale all'inglese, che non prevede ballottaggio. I Comunisti italiani chiedono una proposta unitaria da parte della maggioranza: «L'Unione formuli una proposta condivisa e accettata da tutte le forze politiche della coalizione - ha detto Pino Sgobio, capogruppo del Pdci alla Camera - È chiaro però che una nuova legge elettorale non dovrà essere funzionale a nessun disegno di partiti unici o di grandi partiti e non dovrà avere un intento punitivo nei confronti delle forze minori». Insomma, le divisioni unioniste continuano a rappresentare «sassoloni» nelle scarpe che intralciano il cammino del governo. E anche le recenti dichiarazioni di esponenti del centrosinistra dimostrano che le posizioni sono molto distanti fra loro. Il vicepresidente diessino dei senatori dell'Ulivo, Nicola Latorre, ha sottolineato che «se cerchiamo tanto il dialogo è perchè le regole del gioco non possono che essere condivise, ma nessuno può pensare di utilizzare questo discorso per dividere i rispettivi schieramenti e aprire strani giochi politici». Per Latorre, «il dialogo per essere utile davvero deve essere di tutto il centrosinistra con tutto il centrodestra» e il referendum «è un utile strumento di stimolo del Parlamento, ma di per sé non risolve il problema. In ogni caso la necessità di mettere mano a una legge elettorale resterebbe». Quanto all'ipotesi di un sistema tedesco, come vorrebbe l'Udc, «non è la nostra ipotesi - dice Latorre - poichè riteniamo che introdotto in Italia andrebbe comunque ripensato e adeguato». Il ministro della giustizia Clemente Mastella va giù ancora più duro: «Avviso ai naviganti dell'Unione, per non finire in mezzo alla burrasca degli imbrogli e degli inciuci dei partiti maggiori, Margherita e Ds. State attenti - avverte Mastella - Dopo l'uscita di Bondi e Cicchitto, sento puzza di accordo sottobanco. Forza Italia ha un unico obiettivo: impedire a tutti i costi la nascita di un nuovo centro, e fermare Casini». E sulla riforma elettorale Mastella non ha dubbi: «Se l'accordo non si trova, liberi tutti - annuncia - Pronto ad andare in fondo, fino a mettere in discussione il governo». Secondo Giorgio Merlo, della Margherita, il luogo per un accordo sulla legge elettorale è il Parlamento, attraverso un confronto senza vincoli di coalizione. «Sulla riforma elettorale non c'è schieramento che tenga», precisa Merlo, per il quale non si può pensare al «tornaconto di partito e di schieramento».

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