Maurizio Gasparri boccia l'ipotesi
Non scarica la «colpa» dell'«equivoco» su giornali e giornalisti. Ma in un dignitoso quanto inedito - per un politico - mea culpa (in questo caso il mea è riferito al partito) Maurizio Gasparri spiega che l'ambiguità del messaggio su coppie di fatto e gay è tutta responsabilità di An. Per questo, aggiunge, si farà parte diligente di un chiarimento interno e pubblico sulla questione. Le «notizie» sono due. La prima riguarda le dichiarazioni del presidente Gianfranco Fini, il quale ha sottolineato che se ci sono «diritti o doveri delle persone non tutelati perché fanno parte di un'unione e non di una famiglia, servirà un intervento legislativo per rimuovere la disparità», e ha incluso nel discorso anche i gay. La seconda, invece, ha a che fare con la possibilità che Enrico Oliari, presidente dell'associazione omosessuale «Gaylib» (vicina al centrodestra), sia nominato responsabile della consulta Pari Opportunità di An. «Chi offre quest'interpretazione corre troppo - precisa Gasparri - An non è disponibile a dare questo incarico». E per ciò che riguarda le unioni civili e l'apertura di Fini? «Il documento approvato all'unanimità dal partito parla di diritti civili, non di Pacs. Molti di noi pensano che le leggi esistenti sia sufficienti in questo settore. Gli aspetti ereditari sono tutelati perché la parte più ampia del proprio patrimonio si può lasciare a chi si vuole, a prescindere dai rapporti di parentela. Per le pensioni a conviventi bisogna tener conto, invece, dell'equilibrio del sistema previdenziale, che potrebbe saltare con un'ipotetica reversibilità. Siamo, poi, tutti d'accordo che se un bimbo nasce in una famiglia di persone non sposate debba avere gli stessi diritti degli altri. Ma anche questo è riconosciuto dalla legge». Qual è l'equivoco, allora? «Molti hanno detto e scritto che Fini aveva aperto ai Pacs per i gay. Non è così. Il presidente ha parlato di diritti individuali, non di adozioni e di Pacs». È stato male interpretato? «Credo che il partito si sia spiegato male. Non si può dire sempre che siamo stati fraintesi. Sono convinto che sia necessario un supplemento di spiegazione. E più chiarezza. Tutta An è contraria ai Pacs. Chi non si sposa, inoltre, avrà meno garanzie di chi lo fa. Ma questo rientra nella libertà delle persone. Non si può obbligare la gente a sposarsi. Io, comunque, sono contro qualsiasi discriminazione». Anche nei confronti degli omosessuali? «Certo. Però non li possiamo neanche equiparare a un modello di famiglia alternativo, come prevedono i Pacs. Ce lo vieta la Fede, per chi la possiede, e il diritto naturale, per chi non è credente». Che cosa ancora non è tutelato dalla legge, secondo lei? «L'unico esempio che mi viene in mente è quello di una persona malata che vede rispuntare la moglie con cui non viveva più e questa donna impedisce alla attuale convivente del paziente di avere dati e notizie sulla malattia. Mi pare l'unico aspetto meritevole di approfondimento». Qual è la sua posizione sulle cosiddette «quote rosa»? «Sono sempre stato molto aperto. Voglio ricordare che prima An aveva tre deputati donna su cento. Oggi siano passati al 20%, con 13 su 70, se non mi sbaglio». Farà qualcosa per chiarire definitivamente la posizione del partito su unioni di fatto e gay? «È mia intenzione provvedere. La politica è comunicazione e noi dobbiamo essere più chiari. Alla prima riunione di An chiederò di ribadire l'interpretazione esatta del nostro documento».