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di FABRIZIO FINZI IL GOVERNO ha assunto «un forte impegno politico» e affronterà con decisione la grande ...

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L'esecuzione di Saddam Hussein, il suo devastante impatto mediatico presso l'opinione pubblica italiana, e il lungo digiuno - tuttora in corso - di Marco Pannella hanno spinto il Governo ad accelerare. Già ieri, nel secondo giorno dell'Italia in Consiglio di sicurezza come membro non permanente, l'ambasciatore italiano al palazzo di vetro, Marcello Spatafora, ha auspicato che l'Onu riprenda il tema della moratoria sulla base del documento europeo presentato lo scorso dicembre all'Assemblea generale su iniziativa italiana. Ma si tratta di una battaglia difficile, da condurre con attenzione cercando consensi in ogni singolo Paese e che necessita - hanno spiegato fonti di palazzo Chigi - della piena compattezza dell'Unione europea. Il governo è consapevole delle difficoltà, di doversi scontrare con alcuni grandi del mondo come Stati Uniti, Russia e Cina che guidano il Consiglio di sicurezza e che ancora giustiziano nei vari modi prigionieri. L'esperienza insegna e nessuno a palazzo Chigi come alla Farnesina ha dimenticato le battaglie perse su questo tema nel 1994 e nel 1999. Già allora l'Italia fu in prima linea nel sostenere uno scontro che divise in due il palazzo di vetro: nel 1994 si arrivò al voto e la proposta fu bocciata con 44 no, 36 si e 74 astensioni. Nel 1999 non si votò ma le spaccature all'interno dell'Unione europea fecero finire il testo della risoluzione nel dimenticatoio. Ecco quindi spiegata la necessità di costruire una solida rete di consensi, a partire dal blocco europeo, condizione sine qua non per sperare in un esito positivo. «Non intendiamo certo portare avanti da soli questa battaglia - ha spiegato il sottosegretario agli Esteri Bobo Craxi - ma coagulare attorno a questa proposta il più ampio consenso possibile». L'ambasciatore Spatafora ha avuto mandato dal governo di avviare subito una serie di consultazioni «formali ed informali» in sede Onu proprio con l'obiettivo di riavviare il dibattito sull'abolizione della pena di morte, o meglio sulla moratoria alle esecuzioni. Infatti, come chiedono i radicali, è inutile volare troppo alto cercando l'approvazione improbabile di una risoluzione contro l'abolizione della pena di morte; assai più realistica è l'opzione di una moratoria che consentirebbe alle classi dirigenti di alcuni Paesi di fermare il boia sotto l'ombrello Onu. La formalizzazione della decisione di Romano Prodi è arrivata ieri mattina attraverso una nota: «il presidente del Consiglio ed il governo si impegnano ad avviare le procedure formali, coinvolgendo in primis i paesi i paesi già sottoscrittori della dichiarazione di dicembre, perché questa assemblea generale metta all'ordine del giorno la questione della moratoria universale». Punto di partenza del Governo sarà l'Europa: Roma si sta già muovendo a Bruxelles per essere certa di avere un sostegno senza crepe dei 27 e della moratoria si parlerà già il prossimo 11 gennaio in una riunione dei direttori politici della Ue. Preoccupa infatti la posizione non limpida della Gran Bretagna: non è forse un caso che Tony Blair si sia contraddistinto in Europa per il suo silenzio: non una parola di commento all'esecuzione di Saddam. La convocazione straordinaria dell'assemblea generale per una moratoria universale della pena capitale, così come invocato dai radicali di Marco Pannella, non sarebbe invece una strada percorribile: l'assemblea generale può infatti essere convocata con procedura d'urgenza solo per questioni riguardanti il ristabilimento della pace e della sicurezza.

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