Dietro la Fondazione vicina al Quirinale si sta formando una nuova classe dirigente
Se, Giorgio Napolitano, aveva in mente in quei momenti i progetti lasciati sulla scrivania, le idee interrotte, le cose da fare e abbandonate di punto in bianco. Se pensava a tutto ciò che era stato troncato per l'arrivo quasi improvviso di un'elezione alla presidenza della Repubblica. Con il conseguente «cambio di pelle» che il ruolo impone, il distacco istituzionale che costringe a un'imparzialità nello scorrere quotidiano della politica. E chissà se pensava a loro, gli amici, i compagni. Soprattutto i compagni di partito, i Ds, di una vita, gli uomini con i quali Napolitano ha condiviso una strada più che un percorso. Ha condiviso idee e sogni, obiettivi e risultati, vittorie e sconfitte. Loro, quei compagni, dopo quella scossa di maggio hanno ripreso il cammino. Esattamente da dove era stato lasciato da Napolitano, precisamente nella strada che era stata avviata. Nello scorso weekend (ma il Presidente preferirebbe «fine settimana»), la fondazione «Mezzogiornoeuropa», fondata proprio dal Capo dello Stato sei anni fa (a giugno, visitando la sede, disse: «È un pezzo della mia storia»), ha ripreso a marciare. A trottare, anzi. Perché proprio a due passi dall'ippodromo di Agnano, a Napoli, pochi giorni prima di Natale, è partita la prima scuola invernale per una nuova classe dirigente. In cattedra sono saliti tutti gli uomini più vicini a Napolitano. Dal suo pupillo Umberto Ranieri, presidente della commissione Esteri della Camera, al ministro dell'Innovazione Luigi Nicolais («socio attivo della Fondazione»). Dall'eurodeputato Gianni Pittella al sottosegretario allo Sviluppo Luigi Bubbico. E poi ci sono nomi meno noti ma che contano molto nella geografia migliorista, la vecchia corrente del Pci, come il professore Amedeo Lepore o l'industriale Enzo Giustino, il banchiere Gustavo Minervini o il filosofo Biagio de Giovanni. Deus ex machina dell'intera operazione è Andrea Geremicca, uno dei pochi ad avere avuto accesso quel 10 maggio (il giorno dell'elezione di Napolitano) nello studio del presidente in divenire, e che cinque giorni dopo era in tribuna d'onore alla Camera seduto al fianco della signora Clio. Insomma, Geremicca è per Napolitano il compagno, il compagno di sempre. E oggi racconta: «Sì, è vero. Giorgio per noi è il padre spirituale. E non posso nascondere che uno degli obiettivi della sua vita politica è stato quello di creare una classe dirigente. Una classe dirigente del Sud. E non solo politica, ma anzi che riuscisse a raggruppare le energie migliori della società, delle professioni, delle istituzioni e, naturalmente, anche della politica - sottolinea Geremicca -. Abbiamo ripreso quel cammino realizzando la prima winter school». Ecco, una piccola licenza se la sono concessa: l'uso dell'inglese. Tanto che Napolitano - scherzosamente - se l'è un po' presa. «Sì, mi ha chiamato e mi ha detto: "Ma io sono il presidente della Repubblica, devo usare solo l'italiano: come faccio a scrivere un messaggio per la winter school?"», riferisce e ridacchia Geremicca. Il Capo dello Stato ovviamente non è intervenuto fisicamente. Ha seguito a distanza e ha mandato un messaggio tutt'altro che formale: «Considero queste iniziative assai utili al fine di favorire un più vasto coinvolgimento dell'opinione pubblica, e in particolare dei giovani, sulle tematiche a me care dell'integrazione europea, delle prospettive dell'Europa politica, del futuro dell'Unione economica, culturale, civile dell'identità comunitaria». Il primo esperimento è stato un successo. Quattrocento richieste di partecipazione, solo centocinquanta sono stati gli ammessi. Tanti, se si considera che le spese era quasi totalmente a carico dei ragazzi. Ma è il valore politico che è enorme. Perché ufficialmente sono nati i Napolitano boys, non più gli uomini, ma i ragazzi del Presidente. Tanto che la fondazione non lascia ma raddoppia. E rilancia. Ha già pronta la summer school. Anzi, in omaggio dell'uomo del Quirinale, sarà italianizzata: si chiamerà «scuola es