Continua la polemica sulla previdenza. L'ala radicale insiste: «L'età pensionabile non si tocca»

Già perché le parole del premier («no ai disincentivi»), se hanno rassicurato sindacati e sinistra radicale, non convincono fino in fondo l'ala riformista della coalizione. Poco male, se ne riparlerà l'11 e il 12 gennaio a Caserta. Anche se, mentre il Professore prova a mediare, gettando acqua sul fuoco e chiedendo che le divisioni vengano messe da parte fino al vertice di governo, la spaccatura resta profonda. Rifondazione, Verdi e Comunisti Italiani, infatti, esultano per le dichiarazioni del premier. «Il no di Prodi ai disincentivi - commenta il capogruppo del Pdci alla Camera Pino Sgobio - va nella giusta direzione. Ora si elimini lo scalone e si aumentino le pensioni basse». Gli fa eco il segretario del Prc Franco Giordano: «L'impostazione adottata dal Presidente del Consiglio in occasione della conferenza stampa di fine anno è di buon auspicio per un avvio sereno del confronto sul sistema previdenziale. Il consenso come metodo e l'esclusione di disincentivi nel merito, sono condizioni preliminari utili a un dialogo proficuo». Mentre il leader del Sole che Ride Alfonso Pecoraro Scanio non ha dubbi: «Noi dobbiamo per prima cosa pensare ad alzare le pensioni delle fasce più deboli non ad aumentare l'età pensionabile». Non la pensa così l'ala riformista della coalizione. Per l'economista diessino Nicola Rossi è un errore eliminare le penalizzazioni per chi va in pensione prima. Mentre la Margherita avverte la sinistra radicale. «Se non si fa nulla - attacca Renzo Lusetti -, bisogna rassegnarsi e tenerci lo scalone di Maroni». «La riforma delle pensioni va fatta - incalza - tenendo conto della concertazione e del confronto con le parti sociali. Bisogna tutelare i lavori usuranti e poi procedere all'innalzamento dell'età pensionabile». Ancora più duro il presidente della commissione Attività Produttive della Camera Daniele Capezzone: «In materia di pensioni, mi pare eloquente l'entusiasmo della sinistra comunista e massimalista, che può celebrare lo status quo, l'immobilismo, lo scampato pericolo, dal suo punto di vista, di una riforma seria, incisiva, modernizzatrice. Ma festeggiano contro i loro (e nostri) figli». Intanto arrivano dati preoccupanti per il governo. Secondo alcune simulazioni, infatti, l'abolizione dello scalone, con un ammorbidimento dei limiti per l'uscita dal mercato del lavoro, comporterà aggravi di spesa per le casse previdenziali che vanno da un minimo di 29 milioni per il solo 2009 (nel caso di un innalzamento dell'età pensionabile di un anno ogni due), fino ai 653 milioni per il solo 2009 nel caso di un innalzamento graduale che escluda però operai e lavoratori precoci. Negli anni successivi poi, i costi di queste misure sarebbero ancora più pesanti e viaggerebbero, nel caso dell'esclusione dall'innalzamento dell'età pensionabile di operai e lavoratori precoci, su alcuni miliardi di euro l'anno.